rassegna stampa

Contro Totti: Roma che lo adora lo ha trasformato in un vero nemico

Il capitano è il primo a mettere un freno alla crescita della Roma, ostinandosi a voler giocare e fomentando l'esercito dei suoi adoratori

Redazione

Oggi Totti è un nemico della Roma. Suona male? Malissimo. È una bestemmia? Enorme. Ma qualche volta i blasfemi sanno quello imprecano. Roma è una città più tottista che romanista. C'è solo un capitano. E per fortuna che ce ne è uno solo, dicono da Trigoria.

L'idolatria di Roma per Totti sta uccidendo la Roma e i vari allenatori che si susseguono. Ieri, alla vigilia di Roma-Torino, dieci domande su diciassette su Totti. E la Roma viene ripudiata addirittura dai suoi tifosi. Luciano Spalletti, occhio magnetico, toni ispirati, detta le regole e fa otto vittorie consecutive. Ma non basta e alla gente non gliene frega nulla. È Totti il soldato da salvare. E dopo un paio di pareggi qualche tribuno radiofonico vuole la forca a Porta Metronia. Bologna e Atalanta, sembra che abbia giocato solo Totti. Gli altri? Tappezzeria. Perotti gioca alla grande, se ne è accorto qualcuno? Zero. C'è solo Totti. Che non è un giocatore e nemmeno un ex giocatore ma un sintomo.

Totti non è come Kobe Bryant, non scherziamo. Bryant non è mai stato un vitello da genuflessione di massa. Il capitano è il figlio straviziato di una lupa dalle centomila mammelle. Lui preferisce ostinarsi da vecchio giocatore piuttosto che reinventarsi da giovane e strapagato dirigente. Affari suoi. Ma non si dica che Totti è romanista. Lui è il primo tottista, un leader che troppo spesso si scorda di esserlo.

Peccato, mancava poco perché la storia di Totti diventasse una storia perfetta, ma quel poco è la cruna di un ago, una montagna da scalare. L'addio di Totti è il più lungo ed estenuante funerale annunciato della storia del calcio. E il primo a negare il lieto fine è proprio lui. Totti ha fatto del suo esercito di adoratori l'esoscheletro che lo fa sentire invulnerabile. Non parla perché sa che lo faranno per lui. Più si alimenta la religione del pupone, più si impedisce alle altre risorse di crescere. La soluzione non può che essere una: Francesco stesso. Che deve aiutare la sua gente a pensare che può esistere una Roma senza di lui. Allora sì che sarebbe una storia perfetta.

(G. Dotto)