rassegna stampa

Com’è ridotto male il glorioso campo Testaccio tra macerie, senzatetto e reperti archeologici

Per ridare l’impianto ai quartiere ed ai suoi giovani si è costituito un comitato che si sta battendo a tutto campo

Redazione

Una targa attaccata al cancello d’ingresso recita: «Campo Testaccio c’hai tanta gloria» prendendo a prestito la canzone che veniva cantata negli anni Trenta, ora riesumata all’Olimpico all’ingresso in campo dei giocatori. Di quel campo però è rimasto poco o niente, o meglio macerie e brutture, con spogliatoi invasi ed occupati da senzatetto in cerca di un rifugio, mucchi di calcinacci per scavi iniziati e mai finiti ed altre situazioni di degrado che si possono vedere passando rendendosi conto di uno stato di abbandono vergognoso. Per ridare l’impianto ai quartiere ed ai suoi giovani si è costituito un comitato che si sta battendo a tutto campo, guidato da Aldo Cassandri, Giacomo Giannetti, Pietro Mannini, Stefano Tucci e Sandro D’Antoni. Riusciranno nell’impresa?

STORIA Quello che ha passato l’impianto dove è nata la Roma nel ’27 è ben noto. Alla fine degli anni Novanta il comune stanziando un miliardo e mezzo di vecchie lire era riuscito a ripristinarlo. All’inaugurazione era venuto anche Franco Sensi, ricordando che suo padre era stato tra i costruttori del mitico Testaccio. Pianti e gioia per essere arrivati al traguardo e l’attività per i giovani poteva riprendere con soddisfazione di tutti. Ma dietro l’angolo c’è sempre un serpente tentatore. Nel 2006 il comune decide di costruire un parcheggio sotterraneo e sopra un impianto di calcetto in sintetico, un ristorante e qualche altra piccola concessione. L’attività si interrompe: «Ma per poco, massimo un anno», dicono dal comune. Gli anni diventano due, qualcosa si inceppa, i lavori si fermano. Come sempre si trovano reperti archeologici, che non si negano a nessuno. La società è fallita? Non si sa. Intanto l’impianto perde i pezzi, subisce invasioni, viene usato come discarica, nascono vicino attività abusive che si prendono fette di terreno. Il comune che ha «buttato» i soldi dalla finestra fa causa per rientrare in possesso di quel che resta dell’impianto che è il suo e vince la prima causa. Ma c’è l’appello e dopo tre anni, a maggio, arriverà la sentenza, con i testaccini che fanno scongiuri e sperano che gli avvocati del comune si ricordino di andare all’udienza a difendere i diritti di Roma ultracalpestati. Il comitato ha scritto al sindaco e lo ha incontrato. Pare che una delle prossime mosse (a causa vinta) possa essere quella di inserire Testaccio tra i cinque impianti della convenzione stilata fra comune e Pallotta che la Roma dovrebbe sistemare