rassegna stampa

Il caso Verona e le parole di Tosi. Come rivalutare il povero Marino

Il sindaco leghista ha addirittura ipotizzato un complotto: «C’è qualcuno — ha detto — che cerca di inserire la politica nello sport. Tutti sanno che la tifoseria gialloblù non è di sinistra e dunque la si vuole penalizzare».

finconsadmin

Povero Gianpaolo Tosel. Al giudice sportivo non gliene va bene una con i tifosi del Verona. Un mese fa non aveva potuto sanzionare il coro meschino esibito all’Olimpico contro la memoria di Agostino Di Bartolomei, perché i collaboratori della Procura federale non lo avevano inserito nella loro relazione. Una settimana fa, ricevuto sul suo tavolo un rapporto in cui gli ispettori federali inviati a Verona segnalavano ripetuti ululati razzisti al milanista Muntari pronunciati da circa «3.000 sostenitori scaligeri», aveva disposto la chiusura della curva Sud del Bentegodi e inflitto 50.000 euro di ammenda al club, come previsto dal codice di giustizia sportiva.

Sanzione poi «congelata» dalla Corte sportiva d’appello in attesa del supplemento di indagine chiesto alla Procura federale, che ora si trova nella condizione imbarazzante di dover indagare sui suoi ispettori.

Non è questa la sede per stabilire chi abbia ragione, se i collaboratori federali o chi ne mette in dubbio la parola. O se si sia trattato solo di un gigantesco equivoco, perché gli ululati razzisti percepiti dagli ispettori in realtà erano solo delle espressioni di meraviglia, e del resto perché pensar male di una curva già in passato inciampata in fuoriprogramma xenofobi? La Procura federale ci dirà come è andata realmente, ma intanto, senza che nessuno si offenda, impressiona lo spiegamento di forze intervenuto a difesa della curva veronese: il presidente del club, Maurizio Setti, che ha gridato allo scandalo; l’amministratore delegato del club avversario, Adriano Galliani, che gli ha espresso tutta la sua solidarietà; il Questore di Verona, Danilo Gagliardi, che ad una radio ha giurato di non aver sentito nulla; e dulcis in fundo il sindaco, il leghista Flavio Tosi, che addirittura ha ipotizzato un complotto: «C’è qualcuno — ha detto — che cerca di inserire la politica nello sport (sic!). Tutti sanno che la tifoseria gialloblù non è di sinistra e dunque la si vuole penalizzare».

Permetteteci di sorridere. Perché nemmeno a Roma, realtà facile ai vittimismi, si erano mai letti certi esercizi dialettici. Per dire, persino il bistrattato Marino, sindaco di una città costretta suo malgrado ad ospitare le interrogazioni dei parlamentari delusi dagli arbitraggi, mai aveva osato tanto. Anzi, il povero Ignazio, indicato dai sondaggi in calo verticale di consensi, un anno fa ebbe l’ardire di presentarsi in tv con una sciarpa giallorossa e un’altra biancazzurra, proprio prima di un derby. Fu sbeffeggiato da tutti. Noi però, tra il complottista Tosi e l’ingenuo Marino, che tra l’altro ha tenuto sempre la barra dritta sulla vicenda stadio, scegliamo quest’ultimo. Anche perché non ci piace sparare sulla croce rossa.