rassegna stampa

Candela: «Viva Garcia, un Napoleone a Roma»

L'ex terzino giallorosso si presta al gioco del «chi sarebbe» in chiave Roma-Milan.

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Vincent Candela, lo conosce il gioco del «chi sarebbe?». «Prego?». Ecco, magari in Francia non sarà così diffuso come in Italia ma, una volta spiegate le regole, l’ex terzino della Roma si presta volentieri. D’altronde, la Roma è guidata da un francese, Garcia, e ne ha uno che, arrivato in sordina, è diventato un punto fermo, Yanga-Mbiwa. Il Milan ne ha 3: uno, Rami, è ai box e sabato non ci sarà, mentre gli altri due, Mexes e Menez, hanno indossato, come Candela, la maglia giallorossa. E per questo Vincent li conosce bene. E allora gli viene facile fare il gioco del «chi sarebbe» in chiave Roma-Milan alla francese.

Chi sarebbe... Parigi.

«È la capitale, quindi senza dubbio Garcia. Perché si è messo alla guida di un’altra capitale, Roma, in un momento non facile. E poi, come Parigi, ha tanta voglia di grandezza».

Chi sarebbe... Marsiglia.

«Yanga-Mbiwa. Perché è stato capitano del Montpellier, che è una città vicina a Marsiglia, a neanche due ore di macchina. Sono due città simili, molto caotiche, che si somigliano».

Chi sarebbe... Uno champagne.

«Mexes, perché è frizzante ed esplosivo. E perché gli piace festeggiare».

Chi sarebbe... Un bordeaux.

«Menez. Il bordeaux è un vino che piace a molti e può sembrare comune, in realtà è molto particolare. E quello vero ti deve piacere, ti deve convincere. Anche Jeremy è così: particolare, singolare».

Chi sarebbe... Napoleone.

«Candela... No, scherzo. Dico di nuovo Garcia perché, con i suoi pregi e i suoi difetti, Napoleone era un leader. Ed era uno che sapeva comandare. Anche Garcia sa farlo, è uno che, con i modi giusti, quando serve sa essere un generale».

Chi sarebbe... Robespierre.

«Sempre Garcia. Perché al mondo d’oggi chi crede fino all’ultimo nelle sue idee è un rivoluzionario. E lui le ha imposte in un Paese non suo».

Chi sarebbe... Libertè.

«Mexes. Perché fa sempre, anzi diciamo spesso, come gli pare».

Chi sarebbe... Egalitè.

«Tutti e 4, anzi 5 considerando pure Rami o 7 considerando i collaboratori di Garcia, Bompard e Fichaux. È una parola troppo grossa, la mia preferita, li devo inserire tutti. Significa tanto, significa tutto».

Chi sarebbe... Fraternitè.

«Yanga-Mbiwa. Non lo conosco personalmente, ma mi sembra uno che ama proteggere la squadra e i suoi compagni».

Chi sarebbe... Platini.

«Quindi la domanda è: chi sarebbe un simbolo? O chi sarebbe un artista? Perché ovviamente non possiamo parlare della classe di Platini e paragonarla a qualcuno. Scelgo, comunque, Menez, perché quando è in giornata col suo talento riesce a fare delle opere d’arte, come faceva, praticamente ogni volta che giocava, Platini. Anche se le sue erano inarrivabili».

Chi sarebbe... la Gioconda.

«Un simbolo italiano che però ormai è uno dei simboli di Parigi. Dovrei dire, anzi vorrei dire Pirlo, ma non vale. E allora dico di nuovo Menez, perché, come Monnalisa, a volte mi piace e a volte no. Dipende da che angolo la si vede».