Se un campo di calcio fosse coccolato e considerato importante quanto uno strapagato e straviziato top player, non ci ritroveremmo ogni anno a lamentarci delle condizioni dei terreni di gioco dopo le prime piogge o i primi freddi. Se si fosse un po’ più lungimiranti, anche in Italia si danzerebbe sulle zolle. Sempre. Invece no. La collezione autunno-inverno degli orrori si ripropone con inquietante puntualità.
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Allarme per i campi della A: meno show e troppi infortuni. Genova maglia nera
La situazione, oggi, non è drammatica, anche perché l’estate si è prolungata e il gelo non ha ancora invaso il nord. L’agronomo della Lega: «Zolle nuove? Non basta» Ci vuol poco: Napoli era il prato peggiore, ora il top
La situazione, oggi, non è drammatica, anche perché l’estate si è prolungata e il gelo non ha ancora invaso il nord. Ma le condizioni dello stadio di Marassi, rizollato proprio in queste ore sull’onda delle polemiche, non può farci stare sereni. Garcia e Allegri, che con Roma e Juve hanno già giocato al Ferraris, non sono stati teneri («Campo impresentabile»), e il centrocampista della Fiorentina, Borja Valero, è stato severo in un’intervista a So Foot : «La cosa peggiore in Italia sono i campi, l’erba secca e alta che ti cambia il rapporto con il pallone. Non puoi aspettarlo ma devi andarci incontro, e cambia il mio modo di giocare. Così la manovra è più lenta e favorisce le squadre che ripiegano. Un manto erboso non curato può far saltare tutto un sistema».
DISASTRO ANNUNCIATO Niente di più vero. Un campo di calcio può essere l’alleato migliore di un calciatore, ma anche il suo peggior nemico. «Non esiste il campo più bello d’Italia e neppure il più brutto - dice Giovanni Castelli, da anni agronomo della Lega -. Esiste il campo che in un determinato momento è migliore di un altro perché garantisce il raggiungimento di tre obiettivi: la prestazione del calciatore, la sua sicurezza dal punto di vista degli infortuni e la spettacolarità». A Genova tutto questo è in discussione e certo non per colpa della recente alluvione. Da anni si mettono le pezze, buttando soldi (da 100 a 130 mila euro) per inutili rizollature, quando invece basterebbe spenderne 300 mila in una volta sola per risolvere il problema. «Che è strutturale - osserva Castelli -, va rifatto il fondo, duro e marcio, che non drena l’acqua e ha una miscela di inerti che si impasta e si compatta, rendendo impossibile la sopravvivenza dell’erba. Anche la migliore al mondo. Vicino alle panchine, poi, non batte il sole, quindi durante la partita in quella zona si alzano le zolle. L’ultima rizollatura durerà, nella migliore delle ipotesi, fino a gennaio e poi ci saranno gli stessi problemi di adesso».
IN DEROGA Dalla scorsa stagione c’è l’obbligo, per i campi a nord di Napoli, di dotarsi di impianti di riscaldamento. Per Marassi e il Tardini è stata chiesta (e ottenuta) una deroga, in quanto a Genova le temperature raramente vanno sotto lo zero, mentre a Parma si riesce a proteggere il terreno con i teloni (in deroga anche Empoli, in quanto neopromossa, mentre a Cesena c’è il sintetico). «A Parma il problema, però, non è rappresentato dalla temperatura. Il sottofondo è duro, di natura vulcanica, l’erba cresce male - precisa Castelli -. In più, il campo è infestato dalla poa annua , che non ha radici, quindi i giocatori scivolano, e non può essere debellata con i normali trattamenti chimici». E’ facile prevedere che, in mancanza di interventi drastici durante la prossima estate, la Lega Serie A negherà ulteriori deroghe per i campi di Genova e Parma. A buon intenditor...
SAN PAOLO TOP Qualche problemino (risolvibile in fretta) c’è a Cagliari e Palermo, ma per fortuna ci sono anche campi che sono dei gioiellini. Quello di Napoli, per esempio, grazie ai lavori al fondo effettuati nell’estate 2013. Anche i terreni di Bergamo e San Siro non danno più problemi. A Milano, Reggio Emilia, Udine, Verona e allo Juventus Stadium, inoltre, i campi sono sottoposti quotidianamente a un trattamento con le lampade fotosintetizzanti. Una cura maniacale più che giustificata. «Il campo, per un calciatore, è come il palcoscenico per un attore o un cantante lirico - conclude Castelli -. Servono programmazione, prevenzione, risorse e chiarezza sui ruoli. Soltanto così i campi italiani potranno competere con i migliori che stanno all’estero».
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