(Il Romanista - M.Izzi) La stampa specializzata e i media in generale si sono scatenati sul nome di Daniele De Rossi. Il gioco è sin troppo scontato, Daniele è stato uno dei grandi protagonisti del campionato europeo, contribuendo a trascinare l’Italia in finale, nuove stelle all’orizzonte non sono spuntate e dunque i rumors puntano tutto su una delle ultime bandiere del calcio.
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Bernardini, dà scola all’argentini
(Il Romanista – M.Izzi) La stampa specializzata e i media in generale si sono scatenati sul nome di Daniele De Rossi.
Da tifoso, non dovendo avere a che fare con bilanci e conti vari non posso che tifare per Daniele, a vita in giallorosso. Allo stato dell’arte, comunque non c’è molto da aggiungere alla vicenda, mentre si può spendere qualche parola di più sulla conclusione delle votazioni della Hall of fame che hanno riguardato il primo centrocampista centrale. Stiamo parlando cioè, del “girone di qualificazione” in cui era inserito Fulvio Bernardini. I dati resi ufficiali dalla Roma hanno comunicato, in attesa di svelare l’esito finale, che Fulvio, assieme a Fabio Capello e Giancarlo De Sisti (in rigoroso ordine alfabetico), è stato tra i primi tre votati dai tifosi giallorossi.
(...)Testimonia la maturità del pubblico romanista, che pur non avendo avuto la possibilità di vedere in azione “Fuffo” neanche nelle immagini di repertorio (come avvenuto ad esempio per Falcao di cui i giovani d’oggi conoscono tutto) lo ha inserito tra le proprie preferenze. Dicevamo una grande notizia perché non è immaginabile il varo della Hall of fame della Roma senza la presenza immediata di Fulvio Bernardini. Un uomo che ha rappresentato qualcosa di simile a quello che Francesco Totti incarna per il Club nei nostri giorni. Un simbolo in campo e fuori, l’incarnazione di un modo di essere, di un’ eleganza (tecnica e morale), di una forza e di una caparbietà che ha creato il modello stesso del prototipo del giocatore ideale della Roma. Tracciarne un identikit a più di 70 anni dal suo addio alla maglia giallorossa è difficile ma è doveroso tentare.
Dal punto di vista tecnico, c’inchiniamo al magistrale ritratto fatto nel 1989 da Vittorio Finizio: «Il suo stacco di testa, alto com’era (1.78), risultava perfetto, senza sforzo. Ma addirittura favoloso era il senso di posizione. Aveva occhi di lince, gli bastava una semplice occhiata per vedere tutto il campo, la sua mente strategica prevedeva ogni mossa avversaria. Che io sappia, solo Meazza, Pelè e Di Stefano furono capaci di tanto. Forse qualche altro, loro certamente. Tutto ciò veniva sublimato dal ruolo di centromediano, perno e asse portante della squadra. Fulvio era mancino nato, e perciò calciava di preferenza col piede sinistro. Ma col tempo e l’applicazione riuscì ad usare a dovere anche il destro. Non era uno scattista ma aveva una gran falcata. A chi lo accusava di lentezza sfuggiva il fatto che Fulvio calciava di prima e già per questo il gioco ne risultava accelerato».
Il tiro di Bernardini … vogliamo parlarne? Ce ne sono echi da brivido, come ad esempio in un Roma – Legnano del gennaio 1931. Perduca ricacciò dalla porta un tiro di Volk e Fulvio raccolse al volo, da una trentina di metri con un tiro che la Gazzetta dello Sport definì “potentissimo e irresistibile”. Si poté solo constatare che quel missile era in rete, tutti lo avevano visto partire, l’arrivo era stato solo un rumore in fondo al sacco. (...)
Che era romanista dentro lo dimostrò compiutamente in un articolo magistrale, scritto dopo il famigerato Juventus – Roma del 10 maggio 1981. Lui sempre così equilibrato scrisse: «Quando domenica sera scorsa ho spento il televisore, dopo le ultime battute di Juventus Roma, ho capito subito e bene come avrei passato i sei giorni che mi dividevano dalla domenica successiva, cioè in angoscia per arrivare all’ ora delle notizie radio minuto per minuto in attesa di Napoli-Juventus, match dal cui risultato sapremo se i bianconeri vinceranno il diciannovesimo scudetto o se ci saranno ancora possibilità che lo vinca la Roma e sarebbe il secondo della sua vita o, addirittura che il titolo possa andare al Napoli e nel caso sarà necessario chiedere in prestito i manicomi di tutta l’Italia perché impazzirebbero tutti i napoletani, Come li ho passati questi sei giorni? Ad arrabbiarmi con i ragazzi giallorossi che hanno perduto una favolosa occasione di mettere sotto una Juventus povera di gioco da tutte le parti, mancante fin dall’inizio dei grandi azzurri Tardelli e Bettega e ridotta in dieci dal sessantesimo al novantesimo per l’espulsione di Furino. Turone interviene: “Ma io il gol l’avevo segnato” ma il guardalinee lo ha annullato e io dico a Turone: “Potevi segnarne un altro perché c’erano ancora 15’ da giocare. Avevi fatto un gran gol con il tuo colpo di testa quasi in tuffo e Zoff era fuori dalla possibilità di parare quel pallone”. “Lui si che era fuori dal gioco”, Avrei voluto avere 50 anni di meno, volare a Torino e mostrare come si fa a mettere un pallone nel sacco di Zoff, anche se mancavano pochi minuti alla fine».
C’è in queste poche righe tutto il senso di appartenenza e la nota più notevole dell’essenza di Bernardini (e anche del duo Totti-De Rossi), quella cioè di aver scelto la Roma rispondendo no alle sirene dei “famigerati” grandi club, schierandosi senza se e senza ma. Per questo, ancora oggi, quello di Fulvio Bernardini è uno dei volti eterni della Lupa.
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