È una strana alleanza, perché opposta è la cultura e acerrima la rivalità sportiva, scrive Stefano Agresti sul Corriere della Sera. Da una parte l’americano che non si affaccia a Roma da quasi due anni, dall’altra il romano presente a ogni evento, piccolo o grande che sia; da una parte il presidente che delega e cerca di far diventare la sua società un brand internazionale, dall’altra il padrone che decide anche l’ultimo dei collaboratori e cerca spazio nel territorio. In mezzo un confronto sul campo che vale moltissimo, perché i tifosi misurano e pesano i risultati anche in base a quelli ottenuti dall’avversario. Eppure Pallotta e Lotito – e quindi la Roma e la Lazio – sono incredibilmente vicini nello scontro politico e filosofico che sta squassando il calcio al tempo del coronavirus.
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Roma e Lazio unite sulla ripartenza e sul taglio stipendi
Dialogo coi calciatori, non muro contro muro
Nell’assemblea di Lega i club romani hanno sposato la linea comune a tutti nel controverso rapporto con l’Associazione calciatori: taglio degli ingaggi di due mesi se si riprende a giocare, di quattro se la stagione finisce qui.
Roma e Lazio, al contrario di altre società, sono arrivate a questa decisione attraverso un percorso simile. Nessuna delle due ha trasformato la riduzione dei compensi dei giocatori in una specie di guerra santa; la ritengono un provvedimento rilevante per mitigare la crisi economica incombente sul calo, ma non sufficiente a sistemare le cose.
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