(Corriere della Sera - L.Valdiserri) primo campionato inglese di football si tenne nel 1888. La A.S. Roma è stata fondata nel 1927. Daniele De Rossi è nato il 24 luglio 1983. Questo per dire subito, a scanso di equivoci, che è esistito, esiste e esisterà un calcio anche senza De Rossi.
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Il marchio romanista di «Capitan Futuro»
(Corriere della Sera – L.Valdiserri) primo campionato inglese di football si tenne nel 1888. La A.S. Roma è stata fondata nel 1927.
Il punto, però, è un altro e non è stato fiaccato, semmai rafforzato, da questi giorni in cui il nome del centrocampista giallorosso è stato più volte avvicinato ai milioni (variabili) dello sceicco Mansur bin Zayed Al Nahyan, cioè al Manchester City. Il punto è che la Roma, se si priverà di De Rossi, non sarà più la Roma.
O, almeno, non sarà più la Roma nella quale si riconosce la netta maggioranza dei suoi tifosi. La Roma che non vende le bandiere. La Roma che vive un concetto di calcio che non si sottopone ad alcune regole altrove tranquillamente accettate. La Roma che, forte della sua storia millenaria e di un superiority complex ben miscelato con il disincanto di chi ha visto vivere e morire imperatori, papi e potenti, convive con la sconfitta calcistica (tre scudetti sono pochi) ma non con l'idea di essere sottomessa. Daniele De Rossi, che martedì 21 parlerà in conferenza stampa, ci ha messo la faccia sempre e comunque: ha difeso i tifosi più caldi con la famosa frase della «tessera del poliziotto», ha attaccato gli arbitraggi pro-Inter quando lo scudetto si giocò punto a punto, ha ironizzato quando Spalletti - quello dei «comportamenti giusti» - andò a parlare con il Chelsea mentre era ancora sotto contratto con la Roma, ha difeso Luis Enrique quando la «piazza» avrebbe voluto farlo a pezzi.
Il soprannome con cui tutti lo conoscono - Capitan Futuro - è altamente inadeguato. De Rossi è sempre stato un capitano «presente» (un co-capitano, visto che c'è Francesco Totti) ed è stato riconosciuto come tale dai tifosi fin da quando era un giovane di belle speranze. L'esponenziale talento di Totti ha sempre fatto temere, in un angolo recondito del cervello di ogni tifoso, che un giorno potesse anche andarsene via. E lo avrebbe fatto - in altissima percentuale - con la benedizione di chi era già contento di aver fatto un pezzo di strada calcistica insieme a lui. Il caso De Rossi è diverso, perché Daniele si è costruito giorno dopo giorno e tutti sanno che il giorno dopo che avrà appeso gli scarpini al chiodo sarà automaticamente l'allenatore della Roma o un suo dirigente. È un dato acquisito della città.
È la trasposizione calcistica di una romanità difficile da capire altrove ma che può essere sintetizzata nella frase che lui stesso pronunciava nel fantastico sketch affidato al genio del tassista Diego Bianchi (Zoro, Kansas City 1927): «Ma 'ndo vado?». E non per mancanza di scelte, visto che di destinazioni Daniele De Rossi ne aveva e ne ha tante, ma perché quando ha firmato il nuovo contratto (ricco, quinquennale, praticamente a vita visto che scadrà a 34 anni) lo ha di fatto convinto di avere scelto il meglio. Venderlo può anche essere un affare economico, ma non venderlo significa garantire ai tifosi che la Roma non è una squadra come le altre. E questo non ha prezzo.
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