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Si gioca troppo? Ma la A non vuole ridurre le squadre
(repubblica.it – SPY CALCIO F.Bianchi) “Si gioca troppo“: l’allarme arriva proprio dai calciatori. E’ vero: un tempo, ricorda il dottor Piero Volpi, consulente dell’assocalciatori, un giocatore faceva al massimo...
"Si gioca troppo": l'allarme arriva proprio dai calciatori. E' vero: un tempo, ricorda il dottor Piero Volpi, consulente dell'assocalciatori, un giocatore faceva al massimo 45-50 partite in una stagione. Ora può arrivare a 65-70.
Un esempio: Michel Platini 56 gare nel 1982-83; Samuel Eto'o 62 partite nel 2009-'10. Giovanni Petrucci ha detto che è un problema che va discusso con serenità (che manca), senza farsi travolgere dall'emozione. Ma in realtà, ridurre il numero delle partite è sempre più difficile. Ci sono le esigenze di Fifa e Uefa, che allargano i loro tornei (con soddisfazione delle Federazioni che prendono più soldi...). Ci sono i campionati nazionali che, vedi soprattutto l'Italia, devono rispondere alle tv che li tengono in vita a suon di miliardi di euro. Da noi, da anni si parla di riforma dei campionati: al massimo si può fare il blocco dei ripescaggi per la serie B e la Lega Pro (e difatti se ne parlerà nel prossimo consiglio federale del 27 aprile), ma di un progetto di riforma vero, serio, approfondito e che coinvolga tutte le aree calcistiche non c'è nulla. Ogni Lega va avanti per conto suo, e anche il sindacato calciatori ha l'esigenza di tutelare i posti di lavoro. Nessuna nazione europea ha il nostro parco professionistico. La Lega B vorrebbe partire il più presto possibile con quello che il presidente Andrea Abodi ha fatto (già) votare ai suoi club: la riduzione da 22 società (follia del passato...) a venti. Un primo passo avanti ma significativo. La Lega Pro ha già stabilito di scendere a tre gironi con un massimo di 60 club (trenta in meno rispetto ad anni fa, altra follia): scelta obbligata perché molte, troppe società, non ce la fanno ad iscriversi, mentre altre dopo essersi svenate per iscriversi falliscono a campionato in corso o non pagano più gli stipendi (basta vedere le tante, troppe penalizzazioni). Per questo giustamente Mario Macalli vuole "ripulire" la sua Lega: solo club sani in futuro. Ma, ripeto, un piano organico non c'è. La Lega di A, ad esempio, da decine d'anni ha in un cassetto un progetto di ristrutturazione del campionato ma non ci pensa assolutamente a tirarlo fuori. I grossi club (Milan, Juve, Inter, ecc.) sarebbero a favore di una riduzione da 20 a 18 squadre, avendo così più spazio per l'attività internazionale. Ma i medio-piccoli non ne vogliono sapere. Temono, ma non è detto che sia vero, che le pay tv, riducendo i club, possano pagare di meno. Di sicuro si giocherebbero meno gare, il calendario non sarebbe così ingolfato (con turni infrasettimanali in inverno che scatenano solo polemiche e disagi per i tifosi) e il livello del gioco probabilmente ne avrebbe un beneficio. Ma tutto è fermo. Non se ne discute nemmeno. Sino al 2015 la Lega di A ha venduto i diritti tv con questo "format" del campionato, è vero: ma perché non studiare un piano dal 2015 in avanti? Una volta c'erano 18 squadre e quattro retrocessioni. Ora sono venti, e sole tre retrocessioni (con il "paracadute"). Pensate che possano (vogliano) tornare all'antico? Pia illusione. Anni fa, molti anni fa, l'attuale presidente della Figc, Giancarlo Abete, aveva studiato un piano dettagliato di riforma dei campionati. Fu bocciato dai veti incrociati. Ora Abete, che è il n.1 del calcio, non può certo imporlo alle Leghe: lo statuto glielo vieta. E così tutto resta fermo, si sprecano i tavoli di lavoro (e le cene) che non portano a nulla. La tragedia di PierMario, comunque, potrebbe portare ad una maggiore attenzione, e prevenzione, per quanto riguarda la salute degli atleti. La Lega Pro presto firma un protocollo con la Federazione medici sportivi. Ospite in studio durante la rubrica "Mattino Sport", in onda dalle 7 di questa mattina su Rai Sport 1, il presidente della Lega Serie B, Andrea Abodi, ha fatto il punto a poche ore dalla tragica scomparsa di Morosini. "Cercare di migliorare la sicurezza? Si può sempre fare di più, ma se vogliamo dare un senso a tutto quello che è successo, dobbiamo alzare l'asticella dell'attenzione in tutti i sensi. In tutti i campi di calcio ci sono i defibrillatori e questo va ricordato. Al di la di quello che è accaduto, che ha davvero sconvolto tutti, nostro compito adesso è trovare soluzioni per salvare la vita di tutti quelli che potranno avere lo stesso problema in futuro. Cosa faremo per ricordare Morosini? Il prossimo weekend tutti i giocatori che scenderanno in campo avranno la maglietta numero 25 di Morosini". Giancarlo Abete insiste sulla preparazione degli allenatori e su una diffusione più capillare dei defribillatori. L'Italia comunque è all'avanguardia nei controlli: lo ha ricordato Giovanni Petrucci al ministro Piero Gnudi (che in teoria dovrebbe essere il ministro dello sport...).
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