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Reja fa marcia indietro: “Dimissioni irrevocabili? Non l'ho mai detto”

(repubblica.it) Le rughe sono onde. E non è dolce naufragare in questo mare: “No, non torno indietro. Vado via”. Singhiozzava Reja nell’ultimo saluto ieri sera ai tifosi.

Redazione

(repubblica.it) Le rughe sono onde. E non è dolce naufragare in questo mare: "No, non torno indietro. Vado via". Singhiozzava Reja nell'ultimo saluto ieri sera ai tifosi.

Oggi quello che sembra un sorprendente dietrofront: "Non ho detto però che le mie dimissioni siano irrevocabili". La pellicola continua, Clint Eastwood recita. E i titoli di coda? Una folle regia, senza un lieto fine scontato. Fuga e delirio, ipocondria. La Lazio è malata immaginaria perché il termometro non indica linee di febbre. In teoria un terzo posto in classifica testimonia una salute di ferro, l'impresa in rimonta col Cesena una compattezza da brividi, l'abbraccio della gente l'unione di un popolo.

E allora, cosa non va? Perché questo maledetto istinto di frustarsi nel momento più bello? Perché questo autolesionistico atteggiamento di fare un passo avanti e due salti indietro quando scatta l'ora di superare l'ostacolo? Perché queste masochistiche gelosie tecnico-societarie? Perché si deve far capire chi comanda, quando gli operai lavorano, producono e al massimo bisbigliano per qualche attrezzo mancante? Reja chiede il martello e due chiodi, finisce inchiodato e martirizzato.

Non c'è neppure bisogno che il "padrone" Lotito si sporchi le mani, il tecnico fa tutto da solo. Ed era prevedibile. Stakanovista da sempre, proletario del pallone, il 'vecchio' Edy è iscritto al sindacato dei tecnici con una dignità.

Aziendalista sì, schiavo mai: "Quando c'è un problema, sono il primo a rimboccarmi le maniche, senza piangermi troppo addosso. Ma se la penso in una determinata maniera, esprimo la mia idea. Con Lotito c'è stata una divergenza di opinioni". Reja è un libero pensatore: dategli il calcio, vi solleverà il mondo; discutete su un argomento, ma non chiedetegli di non litigare. In un confronto, il goriziano reagisce d'istinto, s'infuria, lotta, si ribella. Controffeso poi è molto, molto permaloso. Quando rimane in silenzio, c'è seriamente da preoccuparsi, nello stomaco ha il terremoto. Tremava l'albergo dove vive, la notte fra martedì e mercoledì dopo il vis a vis con Lotito a Formello. Sono volate parole grosse, Reja è rimasto ferito, colpito, affondato. Così, come succedeva spesso a Napoli, per la quinta volta (l'ultima?) ha rassegnato le dimissioni. All'ora di pranzo, per far masticare a Lotito l'ultimo boccone amaro. Poi s'è rimesso al timone per l'ultima traversata. Teoricamente. Perché ieri sera a Madrid, intorno alle 23 davanti all'albergo, Reja aveva lasciato intendere ai tifosi che lo supplicavano di rimanere di essere quasi irremovibile sulla scelta presa. La notte gli ha forse portato un altro consiglio: "Non è una decisione definitiva". Nelle prossime ore si tenterà di salvare il salvabile, di riconciliare la frattura, ma Lotito si sta comunque guardando intorno. Se le dimissioni non dovessero rientrare, probabile panchina per il duo Simone Inzaghi-Crialesi (in vantaggio su Bollini) domenica con la Fiorentina. Scendono invece le loro quotazioni come traghettatori sino al termine della stagione. Anche perché qualcuno, con più esperienza, avrebbe già dato il proprio benestare a un'avventura a termine (giugno). Si tratta di Gigi De Canio, ex allenatore del Lecce, balzato in pole: "Allenare la Lazio? E' chiaro che mi farebbe piacere".

Tante anche le alternative: da Gigi Delneri a Tassotti (che avrebbe però già detto un primo "no"), passando per Zenga e la suggestione Eriksson. Pazza idea per giugno: dopo Mazzarri, Sannino e Montella, spunta addirittura l'ex Zeman ora al Pescara. Nel club più pazzo del mondo può succedere di tutto.