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Zigoni: “Roma, la mia libertà”

(T. Riccardi – AS Roma Membership) – A Verona ci è stato sei anni, lì è diventato un simbolo, un idolo della tifoseria

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(T. Riccardi - AS Roma Membership) - A Verona ci è stato sei anni, lì è diventato un simbolo, un idolo della tifoseria: “Quando mi vedono mi chiamano ancora bomber, ma io bomber non lo sono mai stato”. Ma Gianfranco Zigoni il cuore lo ha lasciato da un’altra parte: a Roma, nella Roma. “Per me Roma ha significato libertà”. Due stagioni in giallorosso, dal ’70 al ’72, ma sufficienti per innamorarsi di quei colori. “Da voi venivo trattato da re. Piansi come un bambino quando mi comunicarono che ero stato ceduto al Verona. Fu una giornata terribile”. Alla mostra “Roma ti amo”, che partirà il 18 febbraio, verrà esposta una maglia del suo periodo romanista. Veneto di Oderzo, 70 anni, “Zigo” è stato un attaccante dai piedi raffinati, un uomo di fantasia, ma non un goleador. Di sé ha sempre avuto una “discreta” reputazione: “Metto fuori classifica io, Pelé e Maradona perché calcisticamente siamo tre extraterrestri”. Un personaggio eccentrico, fuori dall’ordinario, una volta si presentò in panchina in pelliccia durante una partita del Verona per contestare una scelta dell’allenatore. Un artista del pallone, uno che dalle nostre parti non poteva passare inosservato.

Dopo che lasciò la Capitale, come fu l’impatto con Verona?

“All’inizio traumatico. Non volevo giocare, non facevo altro che pensare a Roma e alla Roma. Ma per fortuna mi diedero al Verona. Diciamo che Verona è una Roma in piccolo: stessa passione della gente per la squadra, stesse meraviglie da ammirare in città quando ti svegli la mattina. Mi trovai bene”.

E domenica per chi farà il tifo?

“Preferisco non dirlo, ma provate a immaginare… (ride, ndr) Sarà una bella partita, per me è un derby dell’amicizia. Ricordo in passato che le due società si scambiarono pure alcuni giocatori, Mujesan, Petrelli, il sottoscritto…”.

Eppure, nel suo curriculum è presente anche la Juventus…

“Guardi, non c’è paragone. Giocare con la Juve equivale ad andare in fabbrica e mettere la catena. La Roma per me era la libertà. Da voi ero tranquillo, sereno, come vedi quella città sei ripagato di tutto. Quei due anni non perdemmo molte partite, facemmo buoni campionati. E poi le racconto cosa fecero per me una volta i tifosi…”.

Cosa fecero?

“Durante una partita, dove peraltro stavo facendo bene il mio dovere, Herrera mi sostituì. Il pubblico, che fino a quel momento stravedeva per il tecnico, fischiò quella scelta e si ribellò. Certe dimostrazioni di affetto non si possono dimenticare. A Roma sono stato solo 2 anni, ma è come se fossero stati 20. Quando mi dicono “Tu hai giocato nella Juventus”, io rispondo subito: “No, no, io ho giocato nella Roma”. Andare via fu traumatico. Non facevo altro che versare lacrime”.

Le ha fatto piacere vedere la Roma sconfiggere la Juventus?

“Una grandissima soddisfazione. Non solo per il mio tifo, ma anche perché io vivo un confronto in famiglia. Solo io sono giallorosso, mia moglie e gli altri sono della Juve. Dopo avermi preso in giro in occasione della sfida di campionato, ora ho avuto modo di rifarmi. E adesso la Roma deve vincere la finale, oltre che continuare a sperare nel campionato”.

Che avversario è questo Verona di Mandorlini?

“Una buona squadra, hanno avuto la fortuna di trovare Toni che ha risolto molte partite. E poi giocano un bel calcio”.

Esiste un altro calciatore come Zigoni da qualche parte?

“Esiste, sì. È mio figlio, si chiama Gianmarco Zigoni (attaccante del Lecce, classe ’91, ndr), il mio sogno è vederlo con la maglia della Roma. Comunque, ora che ci penso, c’era uno che mi somigliava molto, ma è morto...”.

Il nome?

“Si chiamava George Best”.