Una delusione palpabile, a testimonianza che il cosiddetto 'tavolo della pace' non rappresentava solo un punto di partenza per un futuro più sereno all'interno del mondo del calcio, ma in cuor suo anche una possibilità concreta di chiudere una volta per tutte le ferite di 'Calciopoli'. Anche se non vuole sentir parlare di «fallimento» o di «sconfitta per il calcio», il presidente del Coni, Gianni Petrucci, non riesce a nascondere la sua delusione per una riunione costruttiva
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Tavolo della Pace, Petrucci: “Sono deluso, ma non parliamo di sconfitta”
Una delusione palpabile, a testimonianza che il cosiddetto ‘tavolo della pace‘ non rappresentava solo un punto di partenza per un futuro più sereno all’interno del mondo del calcio, ma in cuor suo anche una possibilità concreta...
ma che in quattro ore e 36 minuti non ha raggiunto l'obiettivo di chiudere i conti con il passato, lasciando aperto un conflitto su ferite difficili da rimarginare. «Passi in avanti non ce ne sono stati - ha esordito Petrucci - la buona volontà purtroppo non è stata premiata. Non è una sconfitta del calcio e non mi va di considerarlo un fallimento, anche perchè ho la coscienza a posto, avendo messo cuore ed entusiasmo». Insomma, un tentativo, che andava fatto e che alla fine non ha prodotto gli effetti sperati. «Anche senza aver raggiunto un risultato proveremo a guardare avanti - ha aggiunto Petrucci - è stato un tentativo non riuscito e basta. Detto questo, il passato deve essere chiuso e bisogna pensare al futuro. Andrò avanti per la mia strada, presumo e mi auguro con il presidente Abete, ma è chiaro che sono molto dispiaciuto, anche se non ho nulla da recriminare e per questo sono sereno». Un futuro che non prevede, almeno per ora, altri confronti, anche se il presidente del Coni non sembra intenzionato a mollare la presa. «Certo, visto come sono andate le cose, ci penserò bene ora prima di fare altri incontri - ha confessato il numero 1 del Coni - ma resto ancora fiducioso. Diranno beato te, ma ci credo ancora. Anche se molti erano scettici, sono venuti tutti gli invitati, e nessuno si è alzato dal tavolo per quasi cinque ore. Non è una grande soddisfazione perchè avrei voluto un altro risultato finale, ma ci proverò finchè avrò la responsabilità dello sport italiano». A sperare in un esito diverso era anche il presidente della Figc, Giancarlo Abete. «Resta un conflitto su ferite profonde - ha ammesso - prendiamo atto che questo sforzo non è riuscito a sanarle. Speravamo in un esito diverso: il confronto è stato civile, ma resta. Il rispetto è cresciuto, ma la situazione di conflitto con posizioni differenziate è rimasta». Un conflitto che nelle aule del Tar va avanti con la richiesta danni della Juventus alla Figc per 443 milioni di euro. «Ho parlato a lungo con Andrea Agnelli, e posso dire che i rapporti personali sono di grande serenità e trasparenza - ha aggiunto Abete - Certo, c'è questo ricorso al Tar, e noi faremo la nostra parte, contrastandolo in maniera serena e civile sulla base delle nostre argomentazioni. Un'eventuale passo indietro della Juve? È una considerazione che farà la società bianconera, se e quando lo riterrà opportuno. Non c'è una situazione stressata». Su una cosa, però, Abete non ha dubbi: «Noi siamo un organo super partes - ha concluso - Abbiamo la coscienza a posto, abbiamo fatte le cose in buona fede e con trasparenza. Calciopoli l'ho combattuta prima, e ora mi trovo a combattere gli effetti. Non ci sono fondi stanziati per fare fronte a questo ricorso, perchè significherebbe fermare la federazione per due o tre anni, considerando che gli introiti ammontano a circa 180 milioni di euro l'anno. Inoltre se la Figc costituisse un fondo rischi ad hoc, questo evidenzierebbe una preoccupazione per un percorso che finora è stato di grande linearità».
Fonte: ANSA
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