(di Alessio Nardo) Duecentoquindici minuti per lanciare più di un segnale. Per far capire a tutti che sì, nella Roma, in questa Roma, esiste anche lui. Alessio Romagnoli, pensate, non ha ancora una pagina italiana di Wikipedia a lui dedicata, ma la sensazione è che presto l'avrà. Perché basta poco, davvero poco, per intravedere in un fanciullo le stimmate del futuro campione. In pochi, alla tenera età di 19 anni (compiuti lo scorso 12 gennaio), sarebbero stati in grado di esordire a metà stagione in una squadra che va a gonfie vele e di farlo con l'autorità dei veterani. Questa è l'impressione che l'ex gioiello della Primavera di Alberto De Rossi sta offrendo: tanta sicurezza. Tipica di chi ha già in testa un percorso chiaro. Pochi fronzoli, zero fuffa. Si va in campo e si gioca da grandi, a testa alta. Come fanno i più forti, i migliori. Quelli che lasciano un segno indelebile nella storia.
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Romagnoli, l’ultimo predestinato
(di Alessio Nardo) Duecentoquindici minuti per lanciare più di un segnale. Per far capire a tutti che sì, nella Roma, in questa Roma, esiste anche lui. Alessio Romagnoli, pensate, non ha ancora una pagina italiana di Wikipedia a lui dedicata, ma...
La Roma, fortuna sua, ha una tradizione ricca di talenti autoprodotti. Il vivaio, sempre gestito da mani sapientissime, ha sfornato negli anni tanta roba buona. Ma qui è il caso di aprire una parentesi. Va assolutamente tracciato il confine, seppur sottile, che separa il discreto dall'ottimo, il buono dall'eccezionale. Non ci va di far nomi (faremmo un torto gratuito a ragazzi che non lo meritano), ma in taluni casi la differenza è sotto gli occhi di tutti. C'è chi ha talento e discrete potenzialità, ma manca della reale stoffa. Quel quid in più di cui ti accorgi subito, all'istante. E' un dettaglio, un qualcosa di astratto, a volte persino impercettibile. Ma esiste. E determina. Tantissimo. Pensate a Totti. Chi, vedendolo giocare sin dagli inizi, avrebbe mai potuto mettere in dubbio il suo futuro a straordinari livelli? Nessuno, tranne Carlos Bianchi. Oppure De Rossi, già professore del centrocampo giallorosso a soli 20 anni. Lo gettò per primo Capello nella mischia. Fu un attimo. Al "biondino di Ostia" bastò calcare il prato verde per diventare all'istante Daniele De Rossi.
Si abusa spesso del concetto di pazienza. Ok, il tempo va concesso a tutti. Perché a 25 anni si è inevitabilmente migliori di quando se ne hanno 19 o 20. Giustissimo. Ma il potenziale e le reali prospettive son cose chiare ed evidenti sin da subito. Romagnoli, di primo impatto, ci riporta a quei tempi lì. I tempi del primo Totti, del primo De Rossi, se vogliamo anche del primo Aquilani. E perché no, del primo Florenzi, ultimo diamante puro e splendente prodotto dal settore giovanile della Roma. Altro ragazzo speciale, diverso, migliore. Capitano della primavera tricolore del 2011. Non tra i più segnalati, all'epoca. Forse in pochi avrebbero immaginato che sarebbe poi stato l'unico di quel gruppo (almeno fin qui) a trovare un posto fisso nella Roma e in Serie A. Questione di testa, di mentalità. Dettagli, per l'appunto. Che fanno la differenza. Romagnoli è il prossimo. Il nuovo. Il presente ed il futuro.
Già lo scorso anno, nelle poche presenze che Zeman e Andreazzoli gli concessero, Alessio rispose presente. Trovando anche il suo primo gol in Serie A, proprio un anno fa: era il 3 marzo, 3-1 al Genoa all'Olimpico. E non fu semplice per lui reagire, dopo esser stato scavalcato prepotentemente nelle gerarchie d'inizio stagione da un quasi coetaneo, Marquinhos. Un ragazzo più fragile l'avrebbe presa male. Si sarebbe sentito bocciato ed avrebbe quindi iniziato a mollare, come accade di frequente a molti talenti che all'inizio promettono e gradualmente sprofondano. Romagnoli no. Pur vedendo (anche con Garcia) chiuso ogni spazio dai vari Benatia, Castan, Burdisso (poi Toloi) e Jedvaj, egli ha atteso serenamente quel momento che sembrava non arrivare mai. Ed ora, eccoci qui. Un po' di casualità è essenziale nella vita. Senza gli infortuni di Balzaretti e Dodò, forse staremmo ancora qui ad attenderne l'esordio stagionale. Carpe diem, cogliere l'attimo e sfruttare l'occasione. Missione compiuta ed esame superato a pieni voti.
Mezzora abbondante (e non troppo difficile) con la Sampdoria, in sostituzione dell'infortunato Maicon. Poi novanta minuti ben disputati a Bologna (avversario di turno l'austriaco Garics) e soprattutto l'intera gara con l'Inter giocata con estrema disinvoltura. Semplicità, puntualità nelle chiusure, giocate sempre logiche e mai avventate. Il tutto, in un ruolo non suo. Con tanta pressione addosso. Eccolo, il segno distintivo dei predestinati. Quella sensazione spontanea ed immediata di sicurezza che un calciatore ti offre, pur essendo un baby. Conta molto il contesto, sia chiaro. In questa Roma organizzata e competitiva tutto è più semplice. Ed è un bene che Romagnoli possa mettere minuti nelle gambe adesso, raccogliendo quel pacchetto d'esperienza che gli tornerà assai utile in futuro. Per il resto, non manca nulla. Qualità fisiche, tecniche, caratteriali. C'è tutto, c'è tanto di buono. C'è che davanti a noi abbiamo un'altra meraviglia. Un altro gioiello da coccolare, destinato a raccogliere l'eredità dei Totti e dei De Rossi per continuare a scrivere una storia unica. Quella della Roma e dei suoi figli campioni.
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