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Roma, non se ne può più di Ménez

(di Alessio Nardo) Ove si scorge l’umiltà? Nei piccoli gesti, nel saluto convinto e sincero al compagno al momento di una sostituzione, nella stretta di mano all’allenatore, nell’autocritica analitica e onesta.

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(di Alessio Nardo) Ove si scorge l’umiltà? Nei piccoli gesti, nel saluto convinto e sincero al compagno al momento di una sostituzione, nella stretta di mano all’allenatore, nell’autocritica analitica e onesta. Non certo nel muso lungo, nelle incazzature selvagge, nelle reazioni scomposte. E allora, in casa Roma, è bene iniziare a farsi delle serie domande. Riguardanti chi? Jeremy Ménez, ovviamente. Le fantastique, o meglio l’ex fantastique. Il gioiellino francese ci ha messo davvero poco a sgretolare quanto di buono fatto in autunno: tutto distrutto, polverizzato, raso al suolo. “Basta, me ne vado!”, ha urlato all’Equipe, facendo intendere d’esser stanco di Roma e della Roma.

No, caro ‘Jerry’, sono i tifosi giallorossi ad averne abbastanza di te. La pazienza generale è finita, verso la squadra e soprattutto verso i singoli, viziatelli e presuntuosi ragazzotti autoproclamatisi ‘palloni d’oro dell’universo’ e ‘star del pianeta’. Sotto questo profilo il tifoso romanista sta crescendo molto: basta idolatrie, stop alle venerazioni di finti campioni e fasulli fuoriclasse, in passato esaltati per un gol o un’isolata magia. Il disco è cambiato, suona un’altra musica. Il tifoso di oggi (romanista e non) è più maturo, saggio e competente. Non si accontenta del tacco e punta, non si fa abbindolare dalla giocatina da ‘fighetto’ spesso fine a sé stessa. Ci vuole sostanza, ci vuol quantità. Voglia, grinta, sudore e sacrificio. Questo piace e crea consensi.

Ménez è sempre stato un ragazzo particolare. Dotato di quel magico talento donato da Dio a pochi al mondo, ma anche di una testa sballata e sbagliata. Due anni fa, al suo primo campionato in Italia, gli si perdonava un po’ tutto. E’ giovane, deve crescere, si farà. Di tempo ne é trascorso, e siamo sempre al punto di partenza. Ottime doti sì, ma ci si ferma lì. Oltre al bel dribbling non c’è altro. Poco dialogo con i compagni, scarsa lucidità in fase di gestione del pallone, inquietante incapacità del calciare lo stesso con potenza e precisione. E poi il carattere. Ciondolante, supponente, irritante. Troppi difetti per un ragazzo di 24 anni, “in teoria” maturo e non più etichettabile quale fulgida promessa. L’oscena prestazione di Firenze è stata emblematica: da 4, in tutto e per tutto. Sintomo di un feeling che si sta incancrenendo e che sembra ormai agli sgoccioli.