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Roma, l'importanza della vecchia guardia

(di Alessio Nardo) Roma nuova, Roma diversa. E’ vero. Quella che stiamo “ammirando” in quest’avvio di stagione è una squadra profondamente cambiata nelle sue fondamenta.

Redazione

(di Alessio Nardo) Roma nuova, Roma diversa. E' vero. Quella che stiamo "ammirando" in quest'avvio di stagione è una squadra profondamente cambiata nelle sue fondamenta.

D'altronde, c'era bisogno di un rinnovamento sostanziale dopo gli ultimi tre anni deludenti in termini di risultati, segnati dall'inevitabile fine del glorioso ciclo iniziato nel 2005 con mister Spalletti alla guida. Undici pezzi nuovi di zecca, molti dei quali subito titolari. Senza remore né attese, con le logiche difficoltà d'inserimento del caso. Un po' tutti stanno avendo problemi ed è normale. C'è chi, fin qui, ha totalmente deluso (Bojan e Osvaldo), chi deve inserirsi al meglio (Gago), chi non ha ancora messo piede in campo una sola volta con la maglia giallorossa (Lamela).

Mai come adesso diventa fondamentale la cosiddetta "vecchia guardia", rappresentata dai pochi reduci della Roma raniero-montelliana. I più meritevoli dell'ultimo disgraziato segmento di storia romanista. Luis Enrique, forse un po' scellerato ma di certo non un tonto, sa di non poter fare a meno di alcuni indispensabili punti di riferimento. La difesa si regge sull'esperienza ed il carisma di Nicolas Burdisso. Che al suo fianco ci siano Heinze (come contro il Cagliari) o Kjaer (contro l'Inter), poco importa. L'argentino è e resta l'insostituibile pedina del reparto arretrato. Non è Samuél, ma nessuno come lui sa guidare anche "a voce" i compagni, richiamandoli e incoraggiandoli di continuo. Sarà prezioso il recupero di Juan, altro colosso d'assoluto spessore del vecchio corso.

Sabato sera a San Siro è tornata d'attualità la "strana coppia": Perrotta-Taddei. Una volta erano straordinari protagonisti nel trio di trequarti (con Mancini o Vucinic a sinistra e Totti punta avanzata): i veri segreti, si diceva, della supersonica Roma spallettiana. Oggi, con qualche anno in più sul groppone e nelle gambe, si ritrovano esterni di difesa: Super Simo largo a destra, Rodrigo a sinistra. Aldilà del singolo e soggettivo giudizio di ognuno di noi sul valore attuale dei due elementi e sulla loro effettiva utilità nei ruoli citati, ne va apprezzata la disponibilità massima e la presenza costante. Senatori veri, magari non più di primo pelo, ma utili a dar manforte e coraggio ai compagni più giovani. Senza dimenticare Cassetti, ora come ora accantonato. Ma vedrete, anche lui tornerà utile.

Parlando di difesa non è un delitto, ormai, prendere in considerazione Danielino De Rossi. Centrale vero, con gli altri due pronti ad allargarsi creando un reparto a tre. Con l'Inter il biondo di Ostia si è espresso su ottimi livelli. Ha giocato bene, coprendo e assicurando sostanza alla squadra. Sta meglio fisicamente e atleticamente, l'espressione di chiara sofferenza alla quale ci aveva abituati ha di nuovo lasciato spazio al volto grintoso e mai domo del guerriero dei bei tempi. Il vero De Rossi serviva da un pezzo alla Roma, così come continua a servire (checché se ne dica) il talento magistrale di David Marcelo Cortes Pizarro da Valparaiso. Dopo l'ennesima estate trascorsa a metterne in discussione il ruolo e l'importanza, il cileno a Milano ha risposto alla sua maniera. Tecnica, visione di gioco, personalità. Da cinque anni il "Pek" è piena garanzia d'efficienza. Ha un ginocchio scricchiolante e 32 anni suonati. Bene, dovrà solo esser gestito meglio. Con parsimonia. Ma guai a pensare di farne un vecchio straccio, relegandolo tra i panchinari o perché no, tra i "tribunari". Col dovuto rispetto al neoacquisto Gago, Pizarro resta di un altro pianeta. Se sta bene lui, di alternative all'altezza non v'è l'ombra.

Passiamo, dulcis in fundo, all'attacco. In attesa di capire se ci sarà un futuro per Marco Borriello in questa Roma, non possiamo che aggrapparci a lui. Come sempre. Francesco Totti non sta brillando, va detto. C'è chi dice: "Gioca troppo lontano dalla porta", chi invece risfodera il solito immancabile tormentone: "E' finito". Qualcosa va affinato, nella posizione in campo e nell'intesa generale coi compagni (i nuovi in particolare). Ma Francesco, seppur non più a tempo pieno (35 anni sono tanti), rappresenta ancora la primaria risorsa dell'attacco romanista. Soprattutto ora, viste le difficoltà d'inserimento di Bojan e Osvaldo e il recupero ritardato di Lamela. Non solo, Francesco deve essere l'uomo immagine del nuovo progetto. Il garante, il simbolo. Della Roma e della vecchia guardia. Come ha sempre fatto, con orgoglio e passione, dall'ormai lontano 28 marzo 1993.