Dopo la triste esibizione contro la Sampdoria, era scritto che anche la sfida contro la Fiorentina sarebbe andata a finire così. Verrebbe da chiedersi che cosa si sia fatto, a Trigoria, in questo ultimo mese. Tutto forse, tranne quello di trovare una ricetta per la crisi. Ormai la misura è colma. E i buoni propositi dei protagonisti hanno più l’amaro sapore della presa in giro che di una effettiva acquisizione di responsabilità. Garcia è un mese che ripete sempre le stesse cose. Ogni conferenza stampa è un copia e incolla: voglio uomini duri, adesso saranno tutte finali, dopo la pioggia arriva sempre il sole. Per il momento, dopo la pioggia, c’è solo la burrasca. Champions League e Coppa Italia svanite? pazienza, dice Garcia, adesso ci concentriamo sugli altri obiettivi; fuori dall’Europa League? Garcia fa spallucce e si attende ora in campionato “undici leoni”. Le chiacchiere, i proclami (come quel terribile “vinceremo lo scudetto”), i buoni propositi, ormai non servono più a nulla. Solo questo sono stati capaci di dire, di costruire, i protagonisti in giallorosso, in un mese di partite orribili e di figuracce senza precedenti.
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Roma, dopo la pioggia c’è sempre la burrasca
Proclami e buoni propositi ormai non servono più a nulla. Solo questo sono stati capaci di dire, di costruire, i protagonisti in giallorosso in un mese di partite orribili e di figuracce senza precedenti
Ora anche il direttore sportivo ricomincia col solito refrain: “mi assumo le responsabilità, la squadra paga i miei errori”, lasciando aleggiare nell’aria possibili dimissioni. Un ritornello già utilizzato negli anni di Luis Enrique e Zeman. Allora, forse, fu una strategia comunicativa azzeccata. Ma oggi, proprio no. Oggi, ripetersi con quello stesso parafulmine, rischia di non farti sembrare più credibile. Bisognava prendere, già nella triste notte contro la Samp, dei provvedimenti drastici, decisi. Un allenatore che, in due mesi di crisi, non è in grado di risolverla, questa crisi, è un allenatore non ha più molto da dire.
E da dare. Una decisione drastica, poteva quindi rappresentare una buona ricetta contro la crisi. Oltre a quella, magari, di spedire per tutto il campionato in panchina quei due o tre giocatori che in campo, camminano. E di ricominciare, ma stavolta sul serio e non solo a chiacchiere. Sullo sfondo, poi, una serie di errori macroscopici incredibili: l’insistere con un giovane portiere di Coppa che, da questa coppa, ti fa uscire; smontare per anni, di seguito, una difesa che, con Marquinhos e Benatia, oggi sarebbe stata la migliore in Europa; l’assenza perdurante di una punta centrale da quindici-venti gol a stagione. A questo punto, bisogna decidersi: si vogliono alzare coppe e trofei o si vogliono soprattutto fare operazioni di mercato redditizie sul piano economico ? Tertium non datur, dicevano i latini: o i soldi o vincere: cosa vogliamo fare? Peccato, perché molti avevano paura di questa Roma. E di un imminente stadio in costruzione. La Roma, invece, si è battuta da sola. La solita sindrome masochistica che attanaglia questa squadra. Che disastro. Va sempre a finire così.
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