(di Claudio Urbani - Forza Roma stadio) L'aria da intellettuale un pò annoiato e in lotta contro la stupidità degli altri, la rarefatta aria britannica, fatta di brume e the. Tutte cose, crediamo che, fra breve, sarannio per Franco Baldini, dolcissimi ricordi di una serenità corroborante ma forse anche pò "pallosa".
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(di Claudio Urbani – Forza Roma stadio) L’aria da intellettuale un pò annoiato e in lotta contro la stupidità degli altri, la rarefatta aria britannica, fatta di brume e the. Tutte cose, crediamo che, fra breve, sarannio per Franco...
Certo il lavoro non mancherà a Trigoria per il signore dalle citazioni (e letture) colte, che ha vissuto con dolore il distacco da Roma e dalla Roma ma ora se ne è riappropriato, come un soldato che torna da imperatore sul luogo di una battaglia perduta.
Tutto il contrario di Simon Kjaer che, a dispetto dello stereotipo che vuole i nordici freddi, intangibili computer ha prima sbandato in campo neanche fosse un bambino su una Ferrari, e poi, come ha confessato ai mass-media, ha sofferto come un cane bastonato l'inevitabile anche se ingiusto ruolo di capro espiatorio che gli è stato da molti scaraventato addosso come un marchio infuocato. Franco Baldini dovrà stare molto vicino anche a Luis Enrique, ancora cittadino al di sopra di ogni sospetto, ma sempre pericolasamrente in bilico, in una città che divora il bene e il male come fosse un piatto di carbonara, fra l'honoris causa di genio e il nick name di Forrest Gump.
La Roma americana è un progetto di (grande) squadra e Luis è un progetto di (grande) allenatore, per cui non vale il vocabolario del calcio che abbiamo imparato a memoria in questi anni: è un vantaggio, in teoria, visto che non ci divora l'assillo del risultato nè la tensione incontrollabile di chi deve far tornare tutti i conti; in teoria, dicevamo, perché la suddetta voracità ambientale (figlia di una passone autentica e cristallina, sia chiaro) non consente divagazioni eccessive, obbliga a guardare i tabellini come un bibliofilo i testi antichi.
Luis deve imparare molto, è ovvio. Ma le sue idee, ancora bozzoli e semi e non fiori e piante rigogliose, meritano rispetto e attenzione, anche perché poi non possiamo prendercela con la piattezza-palese- del calcio italiano, se uno che prova a realizzare (inventare ci sembra inappropriato) qualcosa di nuovo lo trattiamo alla stregua di Oronzo Canà.
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