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Psicologia ? No, grazie

(di Mirko Porcari) – E’ vana la speranza che a Roma si possa stare tranquilli: voci, vocine, sussurri e grida si rincorrono in una giostra che assomiglia sempre più ad un circolo vizioso.

Redazione

(di Mirko Porcari) - E' vana la speranza che a Roma si possa stare tranquilli: voci, vocine, sussurri e grida si rincorrono in una giostra che assomiglia sempre più ad un circolo vizioso.

Se la squadra va (con il freno a mano tirato, tra mille sofferenze di campo, ma va) ecco spuntare la necessità di indagare la psicologia del singolo. E' successo con Adriano e Pizarro, due calciatori che fra luci e ombre hanno trovato qualche difficoltà di inserimento nella Roma di quest'anno: la lontananza, per entrambi, è servita a capire quanta voglia ci sia ancora di stupire con la maglia giallorossa. Il brasiliano ha fatto buon viso a cattivo gioco, scansando per un momento il desiderio di restare in patria, il cileno ha giurato fedeltà ai colori della Roma con la mano sul cuore, tanto per far intendere che le dicerie su frizioni o litigi con l'allenatore lasciano il tempo che trovano...Poi c'è stato Mirko Vucinic: "non gli va di allenarsi", si diceva, "quest'anno chissà dove avrà la testa" le domande più frequenti in un misto di incredulità e rabbia. La risposta, come sempre, è stata data in campo: doppietta in dieci minuti e tutti a casa. Se un calciatore non fa quello per cui è pagato, cioè giocare, non può essere contento, ma da qui a parlare di crisi nello spogliatoio ce ne vuole: Vucinic è sempre lo stesso, genio ed estro intervallati da momenti di buio totale che indispettiscono anche il più paziente dei tifosi. Bando alle ciance, dunque...Ed infine Totti, il capitano: per lui iniziano a mobilitarsi gli psicologi di tutto il mondo. "E' triste" oppure "E' finito" o ancora "E' vecchio e dovrebbe farsi da parte" tutte belle frasi che passano sopra ad un (quasi) ventennio di storia romanista. Se non si vuole parlare di "mancanza di riconoscenza" basterebbe guardare una partita per capire in che ruolo e in che posizione agisce il numero 10 da questa stagione: i 25-30 metri che lo separano dalla porta avversaria non permettono di ritrovare il bomber a cui nel tempo ci siamo abituati, ma ciò non vuol dire che Totti entri ogni giorno nello spogliatoio con il muso lungo. E' solo una questione di abitudine, un adattamento mentale che lo stesso calciatore sta piano piano portando a termine. In sintesi, la cosa migliore da fare, sarebbe pensare alla Roma ed all'impresa che aspetta una squadra intera affinchè si possa vincere finalmente qualcosa. La psicologia lasciamola agli altri...