(di Alessio Nardo) Ce lo siamo lasciati alle spalle da un bel pezzo, il miglior Pjanic. Quel talento dal piedino dolce in grado di accendere il gioco ed incantare con assist al bacio.
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Pjanic, l’involuzione di un talento
(di Alessio Nardo) Ce lo siamo lasciati alle spalle da un bel pezzo, il miglior Pjanic. Quel talento dal piedino dolce in grado di accendere il gioco ed incantare con assist al bacio.
Miralem, 22 anni da Zvornik, acquistato un anno fa dal Lione per 11 milioni di euro, fu una delle note più positive del primo scorcio di stagione targato Luis Enrique. Intelligenza, proprietà di palleggio, saggezza tipica dei veterani, predisposizione naturale a prendersi importanti responsabilità sul campo. Lui, assieme a Lamela, simbolo della rifondazione. Del futuro giallorosso.
Di tempo ne è trascorso e qualcosa si è spezzato. Il percorso di crescita è costituito da varie tappe, improvvise accelerazioni e brusche frenate. Ci sta ed è normale, ma il discorso si fa più preoccupante se, come nel caso di Pjanic, si è alle prese con un'evidente involuzione. Da ormai molti mesi, il bosniaco non gira più. Latita in mezzo al campo, trotterella, a volte sembra quasi far fatica a correre in maniera sciolta. Nei momenti più duri delle partite è assente ingiustificato, dei suoi tocchi magici s'è perduta ogni traccia.
Da piccolo Iniesta nel piccolo (molto piccolo...) Barcellona di Luis, Pjanic si sta trasformando in un consistente intralcio nella Roma di Zeman. Il boemo predilige sì la tecnica, ma la desidera associata ad altre peculiarità, ad un furore agonistico che il buon Miralem non ha mai dimostrato di possedere. Florenzi e Marquinho, di certo, non vantano il talento puro dell'ex Lione, ma efficienza e concretezza (basti vedere i gol realizzati) parlano a loro favore. L'auspicio di rivedere presto il Pjanic che fu è ancora vivo. Sarà il ragazzo, per primo, a dover capire che nella Roma non si scherza. O ci si sveglia, o si finisce dritti nel cestino.
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