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Mangone: “Fonseca può migliorare e la squadra deve fare di più. Per vincere serve una grande società”

L'ex difensore di Roma e Bologna: "Con lo Scudetto di Capello ho raggiunto l'apice della mia carriera"

Redazione

Amedeo Mangone, ex difensore di Roma e Bologna, è intervenuto ai microfoni di CentroSuonoSport101.5 Fm, in occasione della sfida dell'Olimpico prevista domani sera alle 20.45. Le dichiarazioni del terzino sul suo passato in giallorosso, oltre all'attuale stagione, hanno abbracciato anche lo storico scudetto del 2000/2001: “Ho vissuto momenti emozionanti alla Roma, con la vittoria dello Scudetto. Certamente mi è rimasto anche nel cuore il Bologna, furono tre anni bellissimi dal 96 al 99′, sfiorammo una finale europea. A Roma ho raggiunto l’apice della carriera, vincendo un titolo. Mi fa piacere che i tifosi giallorossi si ricordino di me, il primo anno giocai di più, il secondo meno, c’erano però grandissimi giocatori. Ho sempre dimostrato grande professionalità, negli allenamenti c’era un’intensità altissima. Conobbi Capello nel settore giovanile del Milan, sia lui che Galbiati, probabilmente nacque da quella conoscenza l’idea del mister di riavermi a Roma. So che Sensi chiamò Mazzone – mio allenatore a Bologna – per avere informazioni su di me. Capello si è dimostrato un grande gestore, un grande allenatore non solo sul campo, ma soprattutto sul piano emotivo e motivazionale”

I tuoi ricordi di quella splendida annata che portò al tricolore? Come si crea la mentalità vincente?

“Per vincere serve una grande società, un allenatore abituato a vincere e un gruppo di calciatori che mostrino straordinaria professionalità e disponibilità al lavoro. Nel 2000-2001 fu fondamentale l’apporto di tutti, ma soprattutto quello del presidente Sensi che ogni settimana veniva a farci visita, ci faceva sentire importanti, che dimostrava autorevolezza ma sapeva metterti a proprio agio. Dopo un primo anno di rodaggio con Capello, nel secondo anno arrivarono tre-quattro calciatori importanti che ci fecero capire che poteva essere l’anno giusto.

Ricordo la contestazione dei tifosi dopo l’uscita in Coppa Italia ad inizio stagione, erano molto amareggiati perchè la Lazio aveva vinto lo Scudetto e credo che quell’evento fu un ulteriore stimolo per dare qualcosa in più e vincere poi il titolo”

L’ingresso di un dirigente nell’intervallo, ti è mai accaduto?

“No, sempre a fine partita. Ricordo però negli anni di Roma che Capello non gradiva ingerenze dei dirigenti, che magari entravano anche negli spogliatoi, ma è sempre il mister a parlare con la squadra. La società poi interveniva il martedì quando si tornava a lavoro a Trigoria”

Roma-Bologna, che partita ti aspetti?

“La Roma viene da una brutta sconfitta, non credevo che dopo un derby giocato così bene, in cui i giallorossi meritavano la vittoria, ci fosse poi un crollo così, anzi. Credevo ci fosse un salto di qualità e invece non è avvenuto. Adesso i giocatori devono fare qualcosa in più, ma il Bologna viene da un ottimo periodo, ha le caratteristiche per mettere in difficoltà la Roma”

Pensi che la Roma stia perdendo identità dopo gli addii di Totti, De Rossi e Florenzi?

“Sicuramente la mancanza di questi personaggi importanti può incidere, ma non deve diventare un alibi per chi è rimasto. Nello spogliatoio della Roma ci sono giocatori importanti come Dzeko, Kolarov etc. Sicuramente l’aspetto della romanità può essere importante, ma poi l’attaccamento alla maglia e l’appartenenza te la danno i tifosi quando li incontri per strada o al bar, questo è il vero senso d’appartenenza a mio giudizio”

Un giudizio su Fonseca?

“Molto elevato: arriva da fuori, si è adattato al nostro calcio, tatticamente e tecnicamente mi sembra preparato, si vede qualcosa di diverso, sta valorizzando tanti giocatori. Credo possa migliorare sull’aspetto motivazionale, ma sicuramente avrà modo e tempo di farlo. E’ stata una scelta azzeccata da parte della società”

Mangone con la maglia della Roma ha giocato per due stagioni: dopo il primo anno, lo scudetto del 2001 conta anche la firma dell'ex terzino giallorosso, che ha totalizzato nelle varie competizioni 1258 minuti. Nell'AS Roma Match Program di domani contro il Bologna, Mangone ha aggiunto: “Tutti e due i miei figli tifano Roma, non so come sia potuto accadere. Quando ho vissuto a Roma erano troppo piccoli per capire, ma sono cresciuti con questa passione e quando possono vanno in giro per il nord a vedere le partite”. 

Come vede la Roma?

“Mi aspettavo qualche cosa di più, mi era sembrato che avesse cominciato un buon campionato. Ho avuto l’impressione che nel momento in cui bisognava fare il salto di qualità, gli sia venuto a mancare qualcosa. Ho visto il derby e meritava di vincere, ma non ci è riuscita. Speravo e mi aspettavo un po’ di continuità nelle prestazioni invece contro il Sassuolo è scesa in campo un’altra Roma e il risultato dimostra che ancora manca equilibrio”.

Quale potrebbe essere il motivo di prestazioni così altalenanti?

“Dall’esterno è sempre difficile giudicare. Conoscendo l’ambiente, probabilmente, dopo aver preparato il derby, dove di fronte c’era una Lazio lanciatissima, una candidata per vincere lo scudetto, sono venute a mancare energie e a Sassuolo mentalmente la squadra è arrivata un po’ scarica. È una giustificazione comunque poco veritiera perché le partite del campionato italiano sono tutte importanti e la continuità è necessaria per andare a vincere su ogni campo. Lo posso giustificare, ma comunque avrebbero dovuto andare a Sassuolo e fare una alta prestazione, poi si può anche perdere, ma bisognava fare una buona partita, quello è mancato alla Roma”.

Cosa non ha funzionato nei dettagli?

“Ci sono stati tanti errori individuali e un po’ di scarsa concentrazione. Quella è l’impressione che ho avuto davanti alla TV. Non posso pensare che gli errori fatti dai difensori e dai centrocampisti, possano essere commessi da giocatori come dice Gattuso ‘con il veleno in corpo’”.

Il Bologna invece viene da un buon momento, in una annata particolare…

“Vivono una situazione particolare legata alla malattia dell’allenatore, giocatori e ambiente si sono stretti intorno a Mihajlovic e i giocatori danno probabilmente anche qualcosa in più. Sono comunque una buona squadra con un ottimo allenatore quindi non è solo legato al momento che stanno vivendo. Stanno costruendo qualcosa di importante, a Bologna si può lavorare bene, con serenità e i risultati gli stanno dando ragione. Sono in corsa per l’Europa League, sono tante pretendenti ma il campionato è ancora lungo e mancano diverse partite. Possono ambire a qualcosa di importante”.

Che gara sarà all’Olimpico?

“Credo la partita la farà la Roma, il Bologna è una squadra che potrebbe imporre il proprio gioco, ma la squadra di Fonseca, venendo da una sconfitta così pesante, darà una risposta concreta e positiva. Troverà delle difficoltà perché il Bologna non rimane passiva, ma la Roma cercherà in tutti i modi di vincere la partita. Dovrà fare molta attenzione ai contropiedi rossoblù”.

Qual è il suo giudizio su Fonseca?

“È un bravissimo allenatore, molto preparato e ho notato che dal suo arrivo ha cambiato qualcosa nelle sua filosofia di gioco. Inizialmente prendeva diversi gol, facendo un gioco molto offensivo dove partecipavano diversi giocatori. Si è adattato molto bene al calcio italiano e propone delle cose innovative, i due centrocampisti centrali in fase di costruzione si allargano molto e fa partecipare i due difensori centrali, per creare spazi in più con i terzini… Al primo anno in Italia, con ambiente e giocatori nuovi, in una piazza particolare e importante come Roma, sta facendo molto bene. Deve solo riuscire ad avere un po’ più di continuità nelle prestazioni e deve caricare i giocatori come se fosse una finale di Champions League, al di là dell’avversario”.

Parliamo un po’ della rosa, quali sono i giocatori che dovranno tirare il gruppo?

“ Ci sono tanti giocatori che magari non vengono citati, ma sono importanti all’interno dello spogliatoio. Uno di questi è Kolarov, ha un carattere incredibile e ha dimostrato un attaccamento alla maglia fortissimo. Non ha mai fatto polemica anche quando non ha giocato, credo che quei giocatori così, all’interno abbiano un peso importantissimo”.

Febbraio, ricco di impegni tra Europa League e campionato, darà i primi verdetti sulla stagione?

“Per il campionato non credo, ci sono scontri diretti e le partite diminuiscono, ma mancano ancora tante giornate. Per quello che riguarda l’Europa League, è un trampolino importante, la Roma deve cercare di vincere questo trofeo. Si fa tanto la rincorsa in campionato per avere un posto e poi quando si gioca la competizione si tende a perdere di vista l’obiettivo finale. È importante, la Roma ha tutte le carte per arrivare in fondo fino alla fine”.

Come è avvenuto il passaggio in giallorosso?

“Capello mi conosceva dalle giovanili del Milan, anche se erano passati tanti anni. Poi certamente ha avuto un peso importante Mazzone, che aveva un ottimo rapporto con il presidente Sensi. Quando mi ha chiamato il presidente per sapere se fossi contento e disponibile, vi racconto un aneddoto. Mi disse che avevo poco tempo per decidere perché nel giro di poche ore sarebbe scaduta l’opzione per l’acquisto di un giocatore inglese, che poi diventò famosissimo. Quindi ho dovuto scegliere “velocemente”. Al momento della chiamata del presidente della Roma comunque non ci ho dovuto pensare molto. Ho detto subito di si”.

Il giorno del sì a Sensi si sarebbe mai immaginato tutto ciò che è successo dopo?

“No, devo dire la verità no. Avevo giocato a Bologna e a Bari. Non immaginavo l’importanza di vestire delle magliette così ‘pesanti’.

Il primo anno eravamo una squadra in costruzione, avevamo cambiato molto, poi sono arrivati giocatori importanti, per vincere lo scudetto. Ricordo il giorno del ritorno dal ritiro di Kapfenberg, tutti i tifosi che ci aspettavano a Trigoria. Li ho avuto contezza di cosa volesse dire giocare alla Roma, la passione dei tifosi.

Queste sono le bellezze di Roma e il suo male. Manca l’equilibrio, ci si esalta e deprime troppo velocemente, ma quello che accade a Roma è unico”.

Qual è stato l’elemento vincente di quella Roma?

“Grandi giocatori con un allenatore abituato a vincere. Un punto di forza indubbio. Dal mio punto di vista credo abbia avuto molto peso la presenza costante della famiglia Sensi. Il presidente o la moglie passavano sempre da Trigoria, sentivi più responsabilità, un po’ di timore… ti faceva sentire importante per la società. Credo sia stato quello il valore aggiunto”.

Oggi di cosa si occupa?

“In teoria farei l’allenatore, ma sono senza squadra, oggi ci sono tanti tecnici e sono tutti bravi. In attesa di trovare una squadra mi diverto con i ragazzi in una accademia qui a Milano”.

Quanto sono diversi i bimbi oggi?

“Molto. Manca loro il giocare per strada e all’Oratorio, quindi a livello motorio noi eravamo più avanti. Oggi giocano a calcio solo nelle loro squadre e perdono così la spontaneità”.