Forse nemmeno Paul Ashworth, il tifoso dell’Arsenal protagonista del film Febbre a 90°, tratto dall'omonimo romanzo di Nick Hornby, avrebbe accettato di lasciare la propria casa per far sì che vi venisse costruito lo stadio della sua squadra del cuore. È ciò che invece rischia di accadere a Flavio Fianco, 38enne romano e romanista (pure abbonato in curva), che si è messo le mani tra i capelli quando ha appreso dai giornali che nel punto in cui sorge la sua casa è stato previsto l’ultimo tratto del ponte pedonale con il quale i tifosi accederanno alla curva nord del futuro stadio della Roma, a Pietralata.“Noi da qui non ce ne andiamo. E questo progetto non sta in piedi”, dice Flavio a 'Il Fatto Quotidiano' maneggiando le cartografie come il più esperto degli urbanisti.
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L’ultimo giapponese (ultrà) anti-stadio: “Non me ne vado”
Quello dove vive è l’unico (e l’ultimo) “borghetto” composto da tre famiglie in tutto, che il Comune esproprierà se e quando sarà approvato il progetto. Flavio, come gli ultimi giapponesi rimasti a combattere a guerra finita, non molla. “L’abbiamo acquistata con fatica e sudore, stipulando un mutuo pluridecennale. E ci prendiamo cura, per conto del Comune, pure di una parte di quello che doveva essere il ‘Central Park’ di questo quadrante. Uno spazio naturale di 14 ettari pieno di fagiani, volpi, ulivi centenari e alberi da frutto autoctoni. Lo stadio distruggerà tutto”, insiste Flavio, che è presidente del Comitato popolare Monti di Pietralata.
La scorsa settimana, si è riunita la commissione urbanistica, propedeutica alla dichiarazione di pubblico interesse dell’Assemblea Capitolina. Flavio ha iniziato a porre dubbi facendo calare il gelo in un ambiente entusiasta all’idea di uno stadio “all’inglese” nel cuore popolare della città. Entusiasta nonostante i problemi che il progetto comporta, a cominciare dalla solita questione trasporti. Durante gli eventi dovrà restare chiusa la fermata Quintiliani della Metro B, le cui banchine sono troppo poco capienti. Fianco si è dato da fare con altri comitati per studiare l’impatto dell’impianto sul vicinissimo ospedale “Sandro Pertini”.“Una specie di monte Olimpo i cui boati riecheggeranno in tutta la città”, nota Flavio. L’ospedale dista 700 metri in linea d’aria, indicato come classe acustica R1, il massimo. Per ovviare, la Roma propone “la sostituzione dei serramenti (gli infissi, ndr) installati”. A spese della Asl, ovviamente. Non solo. Sul fronte della viabilità, tra il sottovia della tangenziale perennemente allagato (e trafficato) e il frequente imbottigliamento di via Monti Tiburtini, il progetto non prevede cordoni stradali per le ambulanze.
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