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Lo ’stile Juve’ non tradisce mai, ma la Roma dov’è?

(di Alessio Nardo) Si erge sul piedistallo con aria da snob. Fa il “superiore”, il vincente che se ne frega di chi ha vinto meno di lui.

Redazione

(di Alessio Nardo) Si erge sul piedistallo con aria da snob. Fa il “superiore”, il vincente che se ne frega di chi ha vinto meno di lui. Poi però, all’atto del dunque, quando dietro l’angolo scorge l’arrivo della Roma, lo juventino medio s’infervora, si mostra nervoso. Questa è la sfida delle sfide, sentitissima, da ambedue le sponde. I bianconeri  provano a non ammetterlo, ma è nelle parole e nei fatti che si nota quanto siano loro, forse ancor più di noi, ad avvertire l’importanza del match. Lo appureremo anche sabato sera, all’ingresso dello Juventus Stadium, quando alla truppa giallorossa non sarà certo garantita l’accoglienza ’soft’ riservata al Chievo, al Siena o all’Udinese.

Se poi di mezzo c’è Zdenek Zeman, apriti cielo. Un tecnico che mai come adesso preferisce respingere ogni polemica, nonostante le ripetute (e scontate) provocazioni dei giornalisti. Il boemo si è limitato a ricordare come di “alcuni temi” (Calciopoli e doping) si siano occupati in primis magistrati e tribunali. E che la storia, negli anni, ha dimostrato quanto fossero legittime e sacrosante certe battaglie. Stop. Nessuna nuova frecciatina. Anzi, tanti complimenti (meritati) alla Juve d’adesso, ritenuta “la miglior squadra del campionato italiano”. Ma la ferita, per qualcuno, è ancora aperta. Notissimi esponenti della juventinità faticano ad accettare che nel mondo dei media prezzolati e della stampa devota alle opinioni di comodo, ci sia stato chi in passato abbia osato affermare certi princìpi e ledere la loro immagine. Zeman il “perdente” li fa soffrire psicologicamente, poiché ritenuto (a torto) un nemico sconfitto dalla storia e dagli abusi moggiani, tornato invece in auge in Serie A (a 65 anni) proprio nel momento in cui Big Luciano è fuori da tutto, stroncato dalla radiazione e da una condanna penale di cinque anni e quattro mesi in primo grado per “promozione dell’associazione a delinquere”.

Lo stesso Moggi, al quale molti mezzi d’informazione consentono ancora di aprir bocca, da un paio di giorni è partito all’attacco, sbeffeggiando e dileggiando Zeman e la Roma, augurandosi, in vista di sabato sera, “un 6-0 juventino con lezione di calcio”. Il noto “stile” che negli anni ha contraddistinto la Juve è riscontrabile anche nelle parole di due ex giocatori, Paolo Rossi (“Zeman parla troppo, di troppe cose senza esserne a conoscenza. E’ bene che ognuno guardi al suo orto. Per quello che ho visto fino ad ora, sarebbe meglio che pensasse a sistemare la sua squadra”) e Stefano Tacconi(“Io non ho mai vinto una partita chiacchierando, e penso che Zeman non abbia più niente da dire”). Tipiche opinioni di stampo juventino: puoi parlare solo se hai vinto o stai vincendo. Altrimenti, muto. La perla finale è di Giovanni Cobolli Gigli, tra l'altro uno dei pochi presidenti della storia bianconera a non aver alzato al cielo neanche uno straccio di Coppa Italia. Questo l’elegante invito rivolto al tecnico romanista: “I vecchi devono uscire dalla scena, ritirarsi al bar dello sport, fumare le sigarette e chiacchierare con gli amici. Insomma devono evitare di fare un mestiere che non e’ per vecchi“. Dimenticando, forse, che pochi mesi fa il boemo si è reso autore di una meravigliosa impresa sportiva, vincendo il campionato di B alla guida del Pescara.

Da qui alle 20.45 di sabato c’è ancora tempo. Non è esclusa un’altra valanga di attacchi nei confronti della Roma, del suo allenatore, dei suoi tifosi. Chi dovrebbe rispondere (società e dirigenza) è colpevolmente assente. O meglio, presenzia nella figura del dg Franco Baldini, ex fiero alleato di Sensi nella lotta (vinta e stravinta) agli antichi soprusi del sistema, fin qui tenero coi rivali ma puntualissimo nel ricordare che “la Roma non è abituata alla vittoria e nemmeno le manca, probabilmente”. Se questo è l’atteggiamento, se ci si mostra fragili, se mancano difesa e contrattacco, è scontato che il rivale di guerra affondi il colpo. E vada a segno.