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L’anno della Roma

"La Roma è l’unico grande club ad essere davvero migliorato rispetto alla scorsa stagione, chiusa comunque al secondo posto e non al quindicesimo"

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Il vento del Palazzo nella stagione 2014-15 spira a favore della Roma. Lo scriviamo un mese prima dell’inizio del campionato di serie A e non un giorno dopo la sua fine, esponendoci a tutti i rischi del caso (poi gli editorialisti veri sono bravi a ‘prevedere’ soltanto il passato, ma noi veri non siamo e non saremo mai). Non è un pensiero nostro, in realtà, ma del 90% dei dirigenti che contano nel calcio italiano, al di fuori delle interviste pettinate in cui tutti sono complimentosi con tutti. Su cosa si basa questa, chiamiamola così, sensazione?

Prima di tutto su considerazioni sportive. La Roma è l’unico grande club ad essere davvero migliorato rispetto alla scorsa stagione, chiusa comunque al secondo posto e non al quindicesimo. Iturbe è l’esterno d’attacco che tutti (tranne i top club d’Europa, se no sarebbe già al Real Madrid o al Chelsea) cercavano, dalla Juventus in giù. Astori è uno dei pochi difensori italiani che abbia mercato e non è detto (anche se è probabile, nonostante le rassicurazioni di Pallotta) che con il suo arrivo Benatia parta per forza. Cole è bolso, diversamente sarebbe rimasto in Premier League, ma lo si diceva in fondo anche di Maicon l’anno scorso. Ucan, Keita, Emanuelson sono giocatori di complemento che in una rosa da scudetto ci stanno.

Dopo le considerazioni sportive quelle finanziarie: Unicredit si vuole liberare della quota in Neep Roma Holding (la società che controlla la maggioranza della Roma, di cui la banca detiene il 31% delle azioni), non da oggi, ma in questa stagione ci sono le condizioni per massimizzare l’incasso: sicura partecipazione alla Champions League e conseguente visibilità internazionale, possibile scudetto, ipotetica approvazione del progetto del nuovo stadio che magari non si farà mai (e che soprattutto non garantisce da solo stabilità ai bilanci) ma che fa sognare. Asterisco: pochi giorni fa per la Roma è stato un aumento di capitale da oltre 98 milioni di euro, segno che le cose per i suoi azionisti (78% la Neep, 22% il resto del mercato) non vanno poi così bene.

Infine le considerazioni meramente politico-sportive: da 13 anni il titolo manca dalla capitale e sono stati maturati crediti sufficienti per condizionare una FIGC già condizionabile di suo. In questo senso essere nel partito, che potremmo definire Albertini-Sky, di una Juventus che ha già vinto tanto, oltre che di Inter e Fiorentina che a vincere non pensano proprio, è importantissimo. E nemmeno pensiamo a una federazione commissariata dal romanissimo, e romanistissimo, CONI di Malagò.

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