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I sette peccati capitali di Di Francesco: ecco le cause dell’eclissi

Marco Prestisimone

"Ad inizio stagione Dzeko aveva subito lanciato l’allarme: “Senza Salah e con Nainggolan più lontano, sono solo”. Di Francesco riuscì a rispondere ai primi allarmi continuando a puntare sul fidato 4-3-3, risalendo la classifica e trovando la storica qualificazione agli ottavi di Champions. L’arrivo di Schick, però, ha cambiato i piani: ala destra non è e lì non rende, tanto da costringere lo stesso tecnico a fare un passo indietro dopo i primi tentativi: “Domani gioca o Dzeko o Schick, non insieme”, ha detto Di Francesco alla vigilia di Roma-Atalanta. Esterno nel 4-3-3 difficile che si possa rivedere il ceco, più a suo agio quando può giocare vicino ad una punta. La dimostrazione è arrivata proprio nei momenti in cui l’abruzzese ha scelto il 4-2-4 a partita in corso contro Torino, Cagliari, Sassuolo e Atalanta: la Roma, vuoi per disperazione, vuoi per una miglior disposizione, ha assediato l’area avversaria, trovando più soluzioni in area di rigore. Nonostante tutto ciò conduca ad un cambio tattico, anche nel post gara non è arrivata la sconfessione: “Più che di modulo, il problema è di giocatori. Ho avuto risposte negative da molti”.

Poi c’è la questione Nainggolan: il belga da mezzala è meno aggressivo sul primo portatore di palla avversario ma soprattutto più lontano dalla porta. Mancano i suoi inserimenti in area di rigore e i suoi dialoghi con Dzeko. L’anno scorso tra dicembre e febbraio segnò otto gol, portando addirittura 18 punti alla causa giallorossa, ad oggi è fermo a due. Quella che l’anno scorso sembrava imprescindibile, è stata messa in un cassetto. Non è il caso di rispolverarla?

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