(di Daniele Petroselli) Quel 17 giugno rimarrà alla mente per tante cose. Per lo stadio in festa, per il sole cocente e quell’azzurro intenso del cielo a rendere ancor più straordinaria una giornata memorabile. I gol, la gioia, ma anche la rabbia e la paura di Fabio Capello.
news as roma
DECENNALE SCUDETTO 2001 Capello e la voglia di rivincita
(di Daniele Petroselli) Quel 17 giugno rimarrà alla mente per tante cose. Per lo stadio in festa, per il sole cocente e quell’azzurro intenso del cielo a rendere ancor più straordinaria una giornata memorabile. I gol, la gioia, ma anche la...
E sì, perché in mezzo a quel tripudio c’è chi ha pensato davvero di perderlo lo scudetto, a tavolino. E questo era proprio il tecnico di Pieris. Aveva fatto tanto per realizzare quel sogno e con quella scriteriata invasione poteva svanire tutto. Una rabbia forse covata non figlia di quel momento, ma che forse piacerebbe sapere esserci da sempre. O almeno da quel 1970, quando lasciò la “Rometta” per far grande la Juventus. Non era stato lui ad andarsene, ma per un club come quello di allora i soldi della Vecchia Signora erano aria fresca indispensabile. Una squadra buona quella di quegli anni la Roma, ma mai veramente compiuta. Serviva il salto di qualità che però non arrivava mai, alimentando quel mito della mediocrità che rimase un marchio indelebile per troppo tempo. E farebbe piacere sapere che a Capello quella “Rometta” non era mai andata giù. Quando nel ’99 Franco Sensi gli chiese di fare grande la sua squadra, forse inconsciamente gli sarà tornato in mente quel periodo. Lui che aveva vinto tutto con il Milan e il Real aveva l’occasione del riscatto. Non il suo, ma quello di un’intera piazza, abituata a viaggiare nel limbo e a non avere le soddisfazioni dei grandi. Una rivincita per togliere finalmente quella brutta etichetta sul club che lo aveva reso grande. Un regalo posticipato ma dovuto. E invece arriva lo scudetto della Lazio. Ma non molla, perché è forse proprio questa la molla che può tornargli utile per raggiungere il suo scopo. E così sarà. Una cavalcata inarrestabile, fatta di gioie, piccole delusioni, paure e grandi speranze, culminata in quel 17 giugno di dieci anni fa con un titolo quanto mai meritato. Ma che ha dovuto sudare fino alla fine per non vederselo sfuggire. Ma quella rabbia rimarrà sempre nella mente di tutti ma non come segno di paura, ma forse come la grande fame di vittoria di tutta una città. Una fame che da quel 17 giugno non si è mai spenta e che spera al più presto di saziare a dovere… anche senza Don Fabio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA