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Ecco come fermare il Bayern Monaco

Ciò che realmente conta è ritrovare la vera Roma dell’era Garcia, quella squadra compatta ed organizzata che ha suscitato stupore ed ammirazione e ha reso orgogliosi tutti i tifosi giallorossi

Piernunzio Pennisi

Fermare il Bayern Monaco, o quantomeno limitare i danni contro la corazzata di Guardiola, ritrovare compattezza ed unità attraverso una prestazione orgogliosa e gagliarda che rigeneri il morale della squadra e dell’ambiente, sono senza dubbio questi i propositi che animano la spedizione giallorossa che partirà alle 13 e 15 alla volta della Baviera. Tra le speranze di Garcia e i suoi e la concreta possibilità di riuscire nell’impresa, però, non c’è solo lo squadrone tedesco, ci sono anche i fantasmi dell’imbarcata dell’Olimpico -rinvigoriti dalla pessima prestazione di Napoli- nonché tutti gli interrogativi e le incertezze che l’attuale condizione fisica e mentale del gruppo solleva. Inutile dire che per portare a casa un buon risultato serve anzitutto e soprattutto la miglior Roma; per ritrovarla Garcia dovrà senz’altro dare fondo a tutta la sua abilità di motivatore, ma, di certo, il tecnico francese starà anche studiando qualche accorgimento tattico che possa arginare la forza d’urto del Bayern.

Bisogna (anzitutto e soprattutto) far tesoro della lezione dell’Olimpico e, magari, prendere qualche spunto dalle ultime due uscite dei bavaresi in campionato, in particolare dal match disputato a Moenchegladbach domenica scorsa, quando lo straordinario attacco di Guardiola è rimasto al palo e non è riuscito a trovare la via della rete. Sicuramente non si è trattato della prestazione più brillante dei campioni di Germania, ma, in ogni caso, gli uomini di Favre hanno contribuito a sterilizzare le offensive avversarie con il loro atteggiamento e la loro disposizione in campo. Ci sono dunque alcuni accorgimenti che potrebbero tornare utili anche ai giallorossi.

ATTEGGIAMENTO DIFENSIVO: La strada verso una bella prestazione a Monaco passa anzitutto e soprattutto attraverso un diverso atteggiamento difensivo, rispetto a quello messo in campo all’Olimpico. Il sacrificio di tutti, meno distanze tra i reparti, più compattezza e un enorme cuore, sono senza dubbio il punto di partenza. Ma non basterà “parcheggiare un autobus” a protezione della difesa di De Sanctis: baricentro basso si, ma grande aggressività, per rendere difficile il possesso palla nella trequarti offensiva, non “mettere mai in ritmo” il Bayern e non farsi schiacciare troppo. E’ inutile provare a pressare i bavaresi nel loro campo, dove “sul vuoto”, con la loro qualità, hanno gioco facile; meglio risparmiare energie per aggredire i portatori di palla nella metà campo difensiva. Il ‘Gladbach ha concesso agli uomini di Guardiola più possesso palla di quanto abbia fatto la Roma all’Olimpico (72,9% contro il 66,3%), ma ha subito solo 5 tiri in porta (contro gli 11 concessi dai giallorossi), di cui solo un paio hanno rappresentato vere e proprie occasioni da gol.

SFUTTARE L’AMPIEZZA NELLE RIPARTENZE: Se per contenere i campioni di Germania è necessaria una grande organizzazione difensiva, è evidente che la via maestra per graffiarli sono le ripartenze. Sia il Moenchengladbach che il Dortmund, nelle fasi di grande pressing dei bavaresi, sono riusciti a creare qualche grattacapo sfruttando al massimo la velocità dei loro esterni e l’ampiezza del campo. Le ali di Favre e Klopp sono partite spesso molto larghe nelle ripartenze, in modo da costringere i pochi uomini rimasti a copertura ad allargarsi, aprendo spazi al centro per le imbucate degli attaccanti centrali o i tagli dell’esterno opposto. In questo modo sono arrivati l’occasione di Kruse nel primo tempo del match di ‘gladbach e la rete di Reus nella partita di sabato: palla dietro la linea del pressing all’esterno che parte largo, sgroppata in velocità sulla fascia e suggerimento tagliato al centro.

NON SUBIRE TROPPO IL PRESSING: Il pilastro su cui costruire le ripartenze è il lavoro di elusione del pressing. Il match dell’Olimpico fu frustante per i giocatori giallorossi: “La tua azione dura solo venti secondi e ti tocca ricominciare a correre” dichiarò candidamente Daniele De Rossi a fine partita. Se la squadra di Guardiola porta il “pressing belluino e selvaggio” che ha sfoderato per larghi tratti all’andata non si può evitare completamente di soffrirlo, ma si possono limitare di molto i danni con la collaborazione di tutta la squadra. Nel match di andata la linea di passaggio più battuta è stata quella sull’asse Yanga-Mbiwa/De Rossi, che hanno scambiato il pallone tra di loro 23 volte (12 volte dal centrale a ddr e 11 volte in senso contrario); il fatto che i due si siano cercati così tanto la dice lunga su quale fosse la situazione: la gran parte delle linee di passaggio erano rese rischiose dalla pressione avversaria e, probabilmente, sconsigliate dalla situazione emotiva, gli scarichi sui terzini non sembrano una buona soluzione nella Roma di questi tempi e, dunque, la soluzione più ”affidabile” era, gioco forza, quella. Mercoledì farebbe sicuramente comodo poter appoggiarsi su Maicon, che non ci sarà, e, quindi, potrebbe non essere una cattiva idea affiancare a De Rossi la qualità e l’esperienza di Keità, che si abbassi a dargli man forte nelle situazioni più complicate. Con il doppio mediano (e che mediani Kramer e Xhaka!) il Moenchengladbach ha arginato meglio la pressione del Bayern, che è riuscito a recuperare molti meno palloni nella metà campo avversaria rispetto alla partita dell'Olimpico (circa una decina). Inoltre si potrebbe offrire anche la soluzione estrema del lancio lungo nelle fasi di grande sofferenza, piazzando Destro al centro dell’attacco; ma per soffrire di meno è indispensabile che  tutti gli altri giocatori, compresi gli esterni offensivi si facciano vedere di più, lavorino e si muovano armoniosamente per offrire linee di passaggio che consentano di non rimanere schiacciati dalla morsa del pressing di Guardiola.

IL MODULO: L’ultimo elemento da analizzare è quello del modulo, concepirne uno su misura per questo avversario è un’operazione complessa e pericolosa. Snaturare la squadra con un rombo, come si sente dire, finirebbe per farle perdere la sua arma principale, ovvero gli esterni offensivi; meglio allora lavorare sui sistemi che la squadra usa conosce e padroneggia, soprattutto sul 4-2-3-1, approntando gli accorgimenti necessari in termini di interpretazione della gara e dei ruoli e, in caso, tenere le soluzioni innovative come piano B. In fondo ciò che realmente conta mercoledì sera, al di là dell’assetto tattico e persino del risultato, è ritrovare la vera Roma dell’era Garcia, quella squadra compatta ed organizzata che ha suscitato stupore ed ammirazione e ha reso orgogliosi tutti i tifosi giallorossi.