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Cicinho, il terzino che visse tre volte

(di Alessio Nardo) Indesiderato, intruso, intralcio, esubero. O forse no? Del gruppone che lavora e suda (anzi, “trabaja y suda”) in quel di Riscone di Brunico fa parte anche Cicero Joao de Cezare, semplicemente Cicinho.

Redazione

(di Alessio Nardo) Indesiderato, intruso, intralcio, esubero. O forse no? Del gruppone che lavora e suda (anzi, "trabaja y suda") in quel di Riscone di Brunico fa parte anche Cicero Joao de Cezare, semplicemente Cicinho.

Ancora lui, sempre lui, vincolato da un contratto firmato con la Roma ormai quattro anni fa, nell'agosto 2007. Una presenza quasi insignificante, anonima. Non per Luis Enrique, evidentemente. L'entrenador di Gijon, giungendo dall'esterno può ragionare senza pregiudizio alcuno. E Cicinho, in teoria, rappresenta l'ideale figura del terzino destro idoneo al calcio 'tutto tecnica' prediletto da Luis. Già, in teoria.

Parlare di Cicinho ancora calciatore al 100% è già di per sé un atto di coraggio. Dal suo arrivo a Roma, in piena epopea spallettiana, l'ex Seleçao sembra aver imboccato un malinconico tunnel senza fine. Appena discreta la prima stagione (quella della nona Coppa Italia e del tricolore sfiorato), negativa la seconda (con tanto di grave infortunio al ginocchio nel match col Genoa che lo vide anche andare in gol), disastrose le restanti. Agli ordini di Ranieri, il crollo definitivo. Un paio d'ininfluenti apparizioni nell'annata 2009-2010 e la prima cessione in prestito, al San Paolo, già suo club tra il 2003 e il 2005.

Cinque deludenti presenze nel 'Brasilerao' e il rientro a Roma, auspicando un rilancio. Ranieri ci prova, sfrutta ogni risorsa di un organico 'monstre'. Il terzino di Pradopolis vien gettato nella mischia in sei occasioni, senza esaltare. A gennaio, nuova cessione: il Villarreal ne accetta l'ingaggio in prestito. Il viaggio in Spagna si conferma un'ulteriore tappa del lungo viale del tramonto: sei volte in campo in cinque mesi, mai preso davvero in considerazione dal tecnico Garrido. A fine anno, ennesimo ritorno (a testa bassa) nella Capitale. A 31 anni suonati, forse, un ultimo possibile spiraglio di riscatto.

C'è Luis Enrique e non più Ranieri. C'è una mentalità 'futbolistica' incentrata su tecnica, possesso palla e spirito prettamente offensivo. Il mister spagnolo ha lasciato a Trigoria qualche nome illustre (tra cui Simplicio e Okaka), ma Cicinho l'ha voluto con sé. Per vederlo, capirlo, studiarlo un po'. Pronti via, prima amichevole, subito titolare e autore di una prestazione dignitosa e generosa. Nel post partita Luis ha espresso giudizi lusinghieri, chiarendo un concetto forte: "Cicinho mi piace, ma un suo eventuale rilancio dipenderà esclusivamente dal rendimento in campo". Serietà, lavoro e voglia di imporsi. Solo così, Cicero potrà trasformare la sua terza vita romanista in un piccolo paradiso.