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Cesar Gomez: “Mourinho un fenomeno, ha una mentalità vincente impressionante”

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L'ex difensore giallorosso parla del legame con la Roma e del portoghese: "Tra quelli che ho avuto mi ricorda Heynckes"

Redazione

Cesar Gomez torna a parlare di Roma. Il difensore spagnolo ha vestito la maglia giallorossa solo in tre partite nella stagione 1997/98.“Lì ho lasciato tanti affetti. Ma solo quelli. Non attività commerciali, per esempio (ride, ndr). So che si diceva in città, ma io non ho mai aperto un concessionario auto e tantomeno ci furono equivoci strani sul mio acquisto”, racconta l'ex centrale di Madrid ai canali ufficiali della Roma, anche a proposito di qualche diceria sul suo conto. “Vivevo al Quarto Miglio, a due passi dall’Appia Antica, nella stessa casa dove era stato in precedenza Abel Balbo”.

Nonostante le pochissime partite, il legame con i colori giallorossi è stato subito molto forte, tanto che avrebbe voluto acquistare il biglietto per Roma-Milan di domani: “Ma quando sono andato sul sito della Roma per comprare un biglietto ho letto tutto esaurito, sold out. Incredibile questi tifosi, sono magici davvero. Lo faccio da tempo. Quando c’è la possibilità di venire a Roma, dove vado spesso a trovare degli amici, poi cerco pure di andare allo stadio a vedere la partita. Mi sarebbe piaciuto assistere a Roma-Milan. Sarà senza dubbio una bellissima partita. Peccato, sarà per la prossima volta”. Gomez ammette poi di non sapere della possibilità, da ex giocatore della Roma, di chiedere un posto in Monte Mario messo a disposizione ogni partita dal club: “Davvero? No, non la conoscevo questa iniziativa. È una cosa molto bella, si tratta di un gesto di riconoscenza e generosità non comune. D’altronde la Roma è una squadra diversa da tutte le altre, anche per questi dettagli. Ora, poi, con Mourinho alla guida la vedo davvero bene”.

Su Mourinho. Me lo trovai contro ai tempi del Barcellona, quando era il secondo di Bobby Robson. E io giocavo nel Tenerife. Non si parlava molto di lui, all’epoca, occupando un ruolo non di primo piano, però dava l’impressione di essere una persona molto seria e di carisma. Con il passare del tempo ha fatto quello che sappiamo tutti. È diventato il più forte. Sa vincere e lo sa fare spesso, in più posti diversi. Pure questa cosa non è da sottovalutare.

In Spagna, Mourinho ha vinto la Liga 2011-12. Se lo ricorda quel campionato? Come no, benissimo. Si confrontava contro il Barcellona di Guardiola. Una squadra che giocava a memoria e che l’anno prima aveva stravinto la Champions League in finale contro il Manchester United. Era superiore quel Barcellona al Real. Senza dubbio. Bene, il Real di Mourinho vinse il campionato facendo 100 punti, più nove sul Barça. E anche se non esprimeva un calcio scintillante come quello degli avversari, era particolarmente efficace. Pure di gol ne segnò più di 100 (121, ndr).

Cosa le colpisce in particolare di lui e quale valore potrebbe trasmettere alla Roma? A me impressiona la sua mentalità vincente, che in particolare dimostra quando perde una partita. Tanti suoi colleghi dopo una sconfitta cercano di tenere il punto. Lui, invece, non nasconde l’arrabbiatura. Quando ho saputo che sarebbe venuto alla Roma sono stato molto contento perché è un fenomeno che può cambiare la mentalità di questo ambiente. Inoltre, è un allenatore che si adatta perfettamente alla realtà romanista. È un posto particolare, non per tutti, per gente con grande personalità. E lui è il migliore che si può avere nella Roma. Mi auguro vinca qualcosa, davvero. Immagino cosa potrebbe accadere in città…

È mai stato allenato da un tecnico con caratteristiche simili? Devo dire, sono stato fortunato con i tecnici nella mia carriera da calciatore. Ho avuto Del Bosque, Maturana, Valdano, Heynckes, poi a Roma Zeman e Capello. Insomma, una bella rosa di grandi personaggi. Come carattere, forse, quello che tra questi mi ricorda più Mourinho è proprio Heynckes, che con il Bayern Monaco ha fatto il triplete”.

E Capello? L’ultimo ad aver vinto lo scudetto a Roma. Io, all’epoca, quando arrivò Capello ancora ero tesserato per la società. Lo vidi all’opera da vicino. È senza dubbio uno dei più grandi e lui era fenomenale nella gestione dello spogliatoio. Forse più di altri aveva bisogno dei talenti, dei campioni, per vincere, ma quando li ha avuti l’ha sempre fatto. Ha vinto in tre città diverse.