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Cassano, cinquanta minuti di proteste

C’era una volta un giocatore di calcio. Una promessa, per la precisione.

Redazione

C’era una volta un giocatore di calcio. Una promessa, per la precisione. Sì, perché Antonio Cassano ha incarnato alla perfezione l’apparenza del pallone, indossando l’armatura del campione nonostante la mancanza di concretezza, viaggiando in un limbo fatto di classe cristallina e testa spesso poco lucida.

Cambiando maglie e spaccando spogliatoi, il barese ha lavorato su se stesso più che sul campo, inventandosi un personaggio capace di far parlare gli innamorati del pallone facendo intravedere sprazzi di talento puro: poco, in verità, ricevendo tanto dalla gente a fronte di un contributo labile nel rettangolo di gioco.

Con tutta probabilità se ne sono accorti anche i tifosi dell’Inter, capaci di accoglierlo come un “figliol prodigo” dopo la parentesi con i cugini milanisti: contro la Roma cinquanta minuti di proteste e fiato sprecato, una corsa continua verso le attenzioni arbitrali a fare da contorno ad una serata pressoché anonima. Il gol, certo, un regalo della fortuna che gli ha spalancato le porte di San Siro, ma forma fisica latente a conferma di una professionalità non proprio esemplare.

Eppure i modelli non sono mancati nella notte milanese, due figure mitologiche che faticano e sudano come ragazzi alle prime armi: Francesco Totti e Javier Zanetti, oltre mezzo secolo in due e mille battaglie da protagonisti, storie di magliette sudate che Cassano dovrebbe leggere a letto, prima di addormentarsi.

Mirko Porcari