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Borini: “Luis Enrique una persona d’oro. Quando lasciò Roma si mise a piangere”

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Le parole dell'ex attaccante giallorosso: "Cercava di imporre la sua idea ovunque, non importa se davanti a noi c’era la Juve o un’altra squadra minore"

Redazione

Fabio Borini, ex attaccante della Roma, è stato intervistato da Gazzetta.it parlando anche di Mourinho. Queste le sue parole:

Fabio, lei è uno degli “incubi” di Mourinho… Diciamo così. Forse sarà per questo che non mi ha mai acquistato! Scherzi a parte, con il Sunderland gli ho segnato 3 gol. Due quand’era al Chelsea e uno allo United. Qualche battuta nel tunnel l’abbiamo scambiata, certo. Quando segni alle sue squadre è sempre tanta roba.

Al Chelsea l’ha mai incrociato? Era già andato via. Io arrivai a 16 anni nel 2007. Il Bologna non mi fece firmare il contratto da professionista, così scelsi Londra. Lì monitorano tutti i giocatori dai 9 anni in su, e in tutto il mondo. Hanno uno scouting pauroso. In Italia giocavo 4 anni sotto età con la Primavera, loro sapevano tutto.

Quando scelse i giallorossi aveva 20 anni… Nove gol al primo anno in Serie A, non male. A quell’età ti può succedere qualsiasi cosa, ma resti sempre focalizzato sull’obiettivo.

Luis Enrique cosa le ha insegnato? A essere un grande uomo. Lui è un tecnico eccellente, ma prima ancora è una persona d’oro. Cercava di imporre la sua idea ovunque, non importa se davanti a noi c’era la Juve o un’altra squadra minore. Quando ci disse che avrebbe lasciato la Roma si mise a piangere.

E Roma non aspetta, si sa… Richiede molto più di un anno, e Luis Enrique lo meritava.

Quell’anno c’era anche Kjaer, quant’è cambiato? Totalmente. Gli è scattato qualcosa dentro. Lo vedi da come si muove, da come gioca, dal linguaggio del corpo. Prima sembrava un po’ più fragile, ma non dimentichiamoci che aveva solo 22 anni.