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Alfieri: “Franco Sensi era un grande amico”

Alfiero Alfieri, grande attore teatrale e simbolo della romanità, riceverà il premio “Roma-Lazio”, nell’ambito della manifestazione “Sette Colli Giallorossi”, giovedì 10 Marzo all’Antica Biblioteca Valle (Largo del Teatro Valle 7,...

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Alfiero Alfieri, grande attore teatrale e simbolo della romanità, riceverà il premio “Roma-Lazio”, nell’ambito della manifestazione “Sette Colli Giallorossi”, giovedì 10 Marzo all’Antica Biblioteca Valle (Largo del Teatro Valle 7, Piazza Navona). Eventiroma.com l’ha incontrato in esclusiva:

Maestro, da oltre 50 anni sulla scena. Classe 1942, nato in tempo di guerra, come è stato crescere artista in un momento storico così duro per il nostro paese? E’ stato molto difficile. Era una realtà completamente diversa da quella di oggi. A quei tempi le famiglie non appoggiavano certe scelte. I miei genitori, infatti, non volevano assolutamente che diventassi un attore. Io invece di studiare …recitavo! Ho lottato molto con loro e con il momento storico critico in cui vivevo. Agli esordi suggeritore, poi capo comico, direttore, regista e autore delle commedie che interpreta.Una carriera sempre in ascesa suggellata anche da incontri importanti come quello determinante con il grande maestro Checco Durante.

Ci può raccontare qualche aneddoto divertente del “dietro le quinte” tra di voi? Ho iniziato con l’avanspettacolo e ho conosciuto presto il mio maestro Aldo Fabrizi.Ho avuto il privilegio di lavorare con lui per 13 anni. E poi si, il grande Checco Durante che, dovete sapere, era un comico sul palco ma dietro le scene era una persona molto seria. Ricordo con piacere quando non condivideva la mia predisposizione all’improvvisazione e mi rimproverava dicendomi di attenermi al copione.

Il suo “Er marchese del Grillo” come nasce? Il mio Marchese del Grillo è il testo autentico che nasce come operetta di Berardi e Giovagnoli. L’autore Berardi mi ha incaricato personalmente di adattarlo dicendomi che soltanto io potevo farlo e per me è stata davvero una grande soddisfazione. Pensate che è stato rappresentato al Teatro Rossini, che è il mio teatro, per ben 6 mesi e mezzo e il pubblico ogni serata è impazzito per il divertimento.

Come definirebbe in una parola soltanto la comicità degli arguti testi di Molière ispirazione di molti suoi lavori, per esempio “Er malato immagginario”? La definirei sostanzialmente una comicità “viva” e…piena, ci si può lavorare su benissimo. Pensate anche a “L’avaro”! Con acuta ironia e tono bonario ama raccontare la sua passione-ossessione per la Capitale ed in teatro ha reso omaggio alla Romanità con la commedia da Lei scritta “Roma Caput Munni” .

Quanto si è divertito ad interpretare il personaggio di Romolo? Eh il mio amore per Roma si sente. Il Romano io, ce l’ho dentro! Anni fa ho provato a trasferirmi per un anno in Australia, ma sono tornato dopo 7 mesi, perché il richiamo della mia città è stato troppo forte. Ero andato via perché ero stanco e deluso e mi sono dedicato alla Casa di Cultura con spettacoli a cui accorrevano molti, davvero molti italiani e per la comunità connazionale è stata una cosa meravigliosa. Ma il mio cuore è qui. Il mio Romolo è divertentissimo. Vi posso assicurare che si ride per ben 2 ore e mezzo. Questo inverno ho portato questo lavoro in giro per tutto il Lazio e ha divertito tutti, non solo i Romani. Non vi dico già le richieste di prenotazioni al Teatro dei Satiri per questa rappresentazione…Ha ricevuto riconoscimenti e gratificazioni dai piu’ quotati critici. Nel 1996 per esempio ha ricevuto il Premio Personalità Europea. Definito talento dal carattere ribelle e dal forte carisma. Come risponde a chi reputa eccessive le sue “parolacce” Non amo la volgarità e la pesantezza. Dunque le mie non sono parolacce, ma espressioni romanesche che si dicono nel linguaggio corrente, ma che bisogna saper dire, in un certo modo, altrimenti danno fastidio. Sono io il primo a volerle omettere quando non necessarie o troppo di impatto. Con tenacia ed impegno ha praticato un’opera di sensibilizzazione del dialetto romano sul palcoscenico, anche attraverso l’apertura di una scuola di prosa.

Quanto conta nel suo stile l’improvvisazione e l’attitudine a coinvolgere il pubblico? Mi manca il teatro di una volta, non esiste più. Quel teatro in cui attori si nasceva. Non si diventava tali senza preparazione e basi, come oggi. Con rammarico devo constatare che oggi ci sono tanti cabarettisti, ma non ci sono veri attori di prosa. Io non me la prendo con chi si cimenta incoscientemente in questa professione, ma con chi permette tutto questo. Con chi lancia questi non talenti. Credo molto nei giovani e adoro circondarmi di artisti emergenti. Il teatro dialettale non è affatto una forma di teatro di Serie B, come erroneamente viene spesso considerato. E’ la prima prova di un grande attore. Amo molto improvvisare, come dicevo inizialmente, è tipico del mio stile dare spazio alla creatività immediata. Ci tengo molto a coinvolgere il pubblico, infatti, appena si alza il sipario io la prima cosa che faccio è: far partecipare gli spettatori. Anzi li faccio proprio recitare con me. E’ quello che vogliono!

Attore nel ruolo del sacerdote nel film cult di Verdone “Viaggi di nozze” viene affascinato dal mondo della cinepresa oppure vede esclusivamente il teatro come forma eccelsa di arte? Ho dato la mia vita al teatro e il pubblico non me lo fa pesare. Il teatro è la mia vita. Si ho recitato per Verdone, che evidentemente mi vedeva bene nella parte di un sacerdote, ma io non c’ho la faccia da prete! Il cinema? Chi lo sa! Ma è del teatro che non potrei far a meno. Quando sto sul palcoscenico io dimentico tutto. Mi è capitato in passato di voler lasciare, disamorato dalle istituzioni, ma il pubblico mi ama, mi vuole, mi da’ tantissimo e io lo ringrazio e lo ricambio dando l’anima. E’ la gente che mi viene a vedere recitare che mi dà la forza di continuare.Se smettessi probabilmente passerei in pochi giorni a miglior vita!

Come è diventato laziale? Laziale ci sono praticamente nato. A casa mia erano tutti Laziali!

Quindi…Dove lo vedrà il derby? Reciterò quella sera. Sarò impegnato con il lavoro.Tendenzialmente comunque il Derby, a differenza di altri incontri calcistici, amo vederlo nell’intimità di casa.

Pronostico? Vincerà…la Lazio!

Ha voluto dedicare la prima di “Che vita difficile” al compianto Presidente Franco Sensi. Ce lo regala un ricordo che ha di lui? Franco Sensi era un grande amico. Veniva a vedermi a teatro e si divertiva molto. Abbiamo organizzato una serata in onore del compleanno della sua signora Maria. Tutto il teatro era Giallorosso. Spettacolare! Gia’ perché non ci dobbiamo mai dimenticare che: “romanisti o laziali…semo comunque tutti Romani!”.

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