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rassegna stampa

Via alla Coppa Spalletti: «La Roma è ossessionata»

Tre volte finalista in 4 stagioni giallorosse: «C’è necessità di vincere, no ai mediocri. Mercato? Non voglio apprendisti. E Defrel mi piace»

Redazione

Parte oggi la «Coppa Spalletti», perché da queste parti è giusto definirla così, una competizione che ha visto (quasi) sempre il tecnico protagonista, come scrivono Massimo Cecchini e Davide Stoppini su La Gazzetta dello Sport.

Che è poi il traguardo che il tecnico s’è appuntato per bene, nella testa e pure su un foglietto prima di una conferenza stampa poche settimane fa. La Coppa Spalletti ha radici ben chiare: delle quattro stagioni intere passate sulla panchina della Roma, l’allenatore è arrivato sino alla finale in tre occasioni, tutte contro l’Inter, vincendo per due volte. «E io posso dirlo, quando alzi queste coppettine, come le chiamate voi, inizia una vita nuova, tutti si sentono più forti. E la Roma ha necessità di vincere».

Eccola, l’ossessione. «Sì, mi riconosco nella definizione di Salah – ancora l’allenatore –. Qui siamo tutti ossessionati dalla Roma, dalla voglia di dare tutto. La Roma diventi un moto perpetuo: siamo sulla strada buona, per quanto visto ultimamente. Vale pure per la partita di Coppa Italia: bisogna vincere, punto. Altrimenti mostriamo di essere mediocri. E nella Roma i mediocri non ci possono stare».

Spalletti sente l’odore di quella preda che si chiama Juventus, forse mai così vicina, e racconta quanto è accaduto nello spogliatoio lunedì, dopo la vittoria di Udine, lo dipinge alla perfezioneltra quella come se a Udine avessimo pareggiato. Ecco, per quelli che si accontentano la classifica è la stessa, saremmo secondi ugualmente no? Ma in realtà ci sono 50 differenze tra l’una e l’altra. Non possiamo più perdere un secondo di niente. Con un pareggio sarebbe stato tutto più difficile, per di più ci saremmo ritrovati dentro al gruppo di chi ci sta dietro. La diversità tra un giocatore che ha carattere e uno che non lo ha è tutta nel riconoscere questa differenza».

In fondo, è lo stesso discorso che Spalletti rivolge a Dzeko: «Per me è magnifico, splendido, divino. Ma è fondamentale non accontentarsi, in un paio di partite gli sono capitate occasioni per segnare 3 o 4 gol, lui ne ha fatti due e poi mi ha detto: “Io sono felice, mister”. La ricerca dev’essere sempre quella di puntare al massimo».

Sul mercato Spalletti è molto netto, specie nel dipingere il ritratto dell’acquisto che verrà: «Un giocatore è andato via (Iturbe, ndr) e va sostituito, solo quello ho chiesto. Ma qui non c’è l’annuncio “A.A.A. cercasi apprendista”. Non c’è tempo per lavorare su un apprendista, serve un professionista che dia subito il rendimento, che sia dentro l’esasperazione del nostro calcio e dei nostri risultati, uno a cui spiegare al massimo un po’ di teoria, ma che la pratica la conosca bene. Musonda qui non giocherebbe. Il ruolo? Un centrocampista offensivo, un attaccante esterno che magari possa anche dare il cambio a Dzeko. E se gioca in Italia tanto meglio». È il profilo perfetto di Gregoire Defrel, che ha già detto sì alla Roma ma è stato blindato (oltre che bacchettato) dal Sassuolo: «Deve adeguarsi a quello che vuole la società», ha detto l’a.d. emiliano Giovanni Carnevali. «Defrel è un grande giocatore – ancora Spalletti –, ma non sono io a dover fare nomi. Ci sta pensando Massara insieme al presidente, è lui che alla fine decide, è lui che deve tirare fuori i soldi».