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rassegna stampa

Stadio in bilico. La Roma trema, Pallotta: «Senza è la catastrofe»

L’annuncio di Grillo: «A Tor di Valle pericolo esondazione, si faccia altrove». Il presidente: «A rischio futuro del club»

Redazione

Cala la notte, esplode lo scontro. «Lo stadio non si farà a Tor di Valle», annuncia Beppe Grillo al Tg2 della sera. «Un sito alternativo non è ipotizzabile», rispondono subito i soggetti proponenti. Negli stessi istanti, da Boston, si scomoda pure James Pallotta, con un tweet drammatico, segno che il progetto stadio è davvero appeso ad un filo: «Ci aspettiamo un esito decisamente positivo dall’incontro in programma venerdì (domani, ndr). In caso contrario, sarebbe una catastrofe per il futuro della Roma, del calcio italiano, della città, e francamente per i futuri investimenti in Italia». Una dichiarazione scioccante, che in 140 caratteri trasforma in rischio concreto il timore circolato in questi mesi di trattative sempre più complicate con il Comune: senza stadio a Tor di Valle, addio Roma.

«A Tor di Valle c’è un rischio idrogeologico», ammonisce Beppe Grillo. «Facciamolo in un’area dove non c’è un fiume che esonda», aggiunge. «L’area è sicura dal punto di vista idrogeologico – fanno sapere i proponenti e anzi il progetto, con investimenti totalmente a carico dei privati, va a sanare il rischio idrogeologico presente nel quartiere limitrofo di Decima, ben al di fuori del sito dove verrà progettato lo stadio e dove abitano oltre 10 mila romani». Motivo per cui, ribadiscono la Roma e il costruttore Luca Parnasi, proprietario dell’area in discussione, «… dopo cinque anni di lavori su un progetto in stato avanzato di approvazione nel rispetto di leggi, regolamenti e delibere, non è in alcun modo ipotizzabile un sito alternativo a Tor Di Valle».

Ora, costretta a prendere una decisione da consegnare ai proponenti nell’incontro di domani (ammesso che si faccia), la sindaca Raggi con un atto cautelativo si affida all’Avvocatura capitolina e al Dipartimento di Urbanistica: siano loro a dirle se ci sono gli elementi per annullare o revocare la delibera di pubblica utilità votata il 22 dicembre 2014 senza incorrere in lunghe cause miliardarie che costringerebbero il Comune, ogni anno, ad accantonare in bilancio una montagna di soldi di riserve legali. Evidentemente, il vincolo della Soprintendenza del Mibact non si è rivelato sufficiente a bloccare il progetto.

(A.Catapano)