rassegna stampa

Pastore: lampi e infortuni, genio tormentato sotto la Tour Eiffel

Esploso a Palermo, a Parigi si è a poco a poco eclissato. Ma talento e amore dei tifosi sono intatti

Redazione

Non va preso come riferimento quello degli ultimi sei mesi. Il valore dell’argentino va magari apprezzato per l’immutata eleganza intrinseca al suo modo di toccare palla, al suo stile nel gestire la manovra, cambiando tutto su un’accelerazione o una giocata. Caratteristiche, scrive La Gazzetta dello Sport, che nel 2011 avevano fatto innamorare l’emiro del Qatar che ne fece la prima stella del Psg, per 42 milioni di euro, dopo l’esplosione in Serie A con la maglia del Palermo. E anche i tifosi, rimasti fedeli nonostante tutto. Come Eric Cantona che lo ha pure definito "il migliore al mondo". Ma nel ruolo di fantasista, sbiaditosi negli anni parigini.

Colpa innanzitutto degli infortuni. Una ventina dal suo arrivo in Ligue 1. E di vario tipo: dai legamenti del ginocchio all’inguine, dagli adduttori all’anca, alla tibia, passando pure per una congiuntivite che lo tenne fuori per tre mesi a cavallo del 2016. Ma a dargli problemi sono stati soprattutto i polpacci. Tutto risolto quest’anno cambiando alimentazione e lavorando diversamente a livello fisico, con un preparatore personale, intervenendo su muscolatura e postura. Insomma, correggendo quelle imperfezioni che ne avevano reso infernale la stagione precedente, chiusa con appena 864 minuti giocati nel campionato francese, per via delle continue ricadute. Magari imputabili anche alla mancanza di feeling con gli ultimi tecnici del Paris Saint-Germain. Non solo Blanc, il primo a emarginarlo, ma anche Emery che in fondo lo ha sempre considerato una mera alternativa. Soprattutto dopo gli acquisti di Neymar e Mbappé che ne hanno ridotto a zero le chance di imporsi sul fronte offensivo. Tatticamente Pastore a Parigi si è dovuto sacrificare in permanenza. Salvo forse con il primo Ancelotti che, prima di spostarlo sulla fascia del 4-4-2, seppure con licenza di accentrarsi, e in assenza di soluzioni più consone, gli diede inizialmente l’opportunità di esprimersi al meglio, in supporto alle punte nel tipico modulo 4-3-2-1. Insomma, un genio incompreso, capace però di esprimersi a sprazzi, magari con gol memorabili.

(A. Grandesso)