rassegna stampa

Stadio Roma, Parnasi: “Pallotta stava per andarsene. Ora possiamo inaugurarlo nel 2020”

Il costruttore romano parla dell'impianto giallorosso: "Dagli ultimi conti, sarà un progetto da un miliardo di euro. Non ci sarà caos per arrivare a Tor di Valle: di domenica, da Roma Nord ci vorranno 20-25 minuti"

Redazione

"Raggi, Marino, Caltagirone, assessori vari, amici, nemici, banche, Pallotta che a un certo punto se ne voleva andare via, e poi strade, ponti, treni, le torri, quei vincoli lì, gli investitori internazionali, Lotito e lo stadio della Lazio. (...) Quello della Roma sarà lo stadio (con il nome di uno sponsor) più bello d’Europa. La prima partita è prevista per il 2020, calcio d’inizio dei due Francesco, il Papa e Totti". Il costruttore romano Luca Parnasi, socio di James Pallotta per il progetto del nuovo stadio della Roma a a Tor di Valle, si racconta sulle pagine de "Il Tempo". Ecco uno stralcio delle sue dichiarazioni:

Ora quanto ci vorrà?

«Stiamo già lavorando con gli americani per tutta la parte di cantiere. Molto tempo potrà essere risparmiato se riusciremo a coordinare la realizzazione delle opere. Se si parte bene, è ancora valida la scadenza di inaugurare l’impianto nella stagione 2020-2021. Le attività preliminari stanno partendo adesso e potrebbe esserci qualche sorpresa a gennaio. Stiamo già finalizzando gli appalti. Inizieremo con la bonifica bellica e l’archeologia preventiva. Abbiamo già fatto una serie di verifiche e non riteniamo che ci siano situazioni di rischio».

La prima partita?

«Immagino il calcio d’inizio dato dai due “Francesco”: il Papa e Totti. Il massimo sarebbe un Roma-Lazio 3-0, gol di De Rossi che vorrei capitano a vita, Florenzi e spero il giovane figlio di Dodo Chierico che per quella data magari avrà esordito».

È vero che Pallotta stava per andarsene?

«Assolutamente sì. Jim lo considero un eroe: un imprenditore che da Boston arriva qui e investe per cambiare il modello sportivo di una squadra di calcio. Ora parlo da tifoso: è vero, non abbiamo ancora vinto uno scudetto e arriverà presto, ma guardate quello che la società ha fatto negli ultimi anni. Il ranking è cresciuto, idem il modello di dirigenza, c’è la volontà di far diventare questo club internazionale e il nuovo stadio è un esempio di come un imprenditore si metta sulle spalle il progetto, anche se Pallotta è poco visibile in Italia. Chiaramente, a un certo punto ha detto: “Se la città non capisce o trovo ogni giorno un ostacolo… “. E di ostacoli ne abbiamo avuti mica da ridere, quindi è normale che possa non capire. C’è stato più di un momento in cui è stato vicino ad andarsene, ma è un uomo tenace. Era ovviamente frustrato, alla fine forse sperava di ottenere il via libera un po’ prima, però è stato pragmatico».

Pallotta ha investito finora 63 milioni di euro sulla progettazione. E lei?

«Altri 30 milioni di “equity” più i terreni. Jim ha fatto un lavoro incredibile sul fronte sponsorship, lo vedrete quando lo stadio sarà pronto, un cambiamento delle modalità di merchandising, tutto fatto dall’America, dove lo sport è a un livello di tecnologia avanzata rispetto a qui».

Come si chiamerà l’impianto?

«Sono sicuro si troverà uno sponsor che acquisterà i diritti per il nome».

La Roma prenderà una percentuale di ricavi su altri eventi scissi dalle partite?

«Certo, è già stato contrattualizzato. E sarà il valore del club a crescere di per sé. Lo stadio cambierà la Roma, diventerà una delle primissime società in Europa, basta vedere quanto sia cresciuta la Juventus. La città esprime una qualità intrinseca che è il motivo per cui Pallotta ha scelto di comprare la squadra».

Pallotta si avvicinerà di più alla società?

«Sono convinto che farà diventare la Roma ancora più grande. Ho avuto a volte discussioni con lui, ma è una persona di parola, se ti stringe la mano e ti dice che il progetto lo fa è così, perché è autentico. All’inizio di tutto io dissi a Jim: “Ok, faccio lo stadio ma tu mi devi far giocare almeno 5 minuti in una partita ufficiale. Ora ha la scusa che ho compiuto 40 anni, ormai sono fuori target, l’unico che potrebbe giocare a quest’età è Totti».

Il progetto rivisto con la Raggi quanto costa?

«Dati gli ultimi conti, è un investimento che peserà un miliardo di euro».

Chi sosterrà l’investimento?

«Io ho avuto due advisor importanti in questo progetto. Uno, che in pochi conoscono, ma è una realtà di cui si sentirà parlare in futuro: Banca Igea, una piccola banca d’affari romana creata da Francesco Maiolini, lo stesso che aprì Banca Nuova e ora ha messo insieme una serie di partner che mi accompagneranno nella fase del lavoro: da chi fa il “movimento terra” a chi si occupa delle opere civili, le vetrate e così via. Poi c’è Rotschild, che è stato sin dall’inizio il nostro advisor principale. Ha interagito in tutto il mondo con Goldman Sachs, l’advisor degli americani, con loro penso ci sia anche Starwood. In questa fase esiste un road show silenzioso per reperire i capitali sui mercati nazionali e internazionali affinché sia il progetto stadio che quello del business park possano viaggiare insieme alle opere di urbanizzazione, che verranno realizzate simultaneamente. Per quanto riguarda la nostra parte, posso dire che la domanda degli investitori è superiore a quella che sarà l’offerta complessiva».

Cosa risponde a chi diceva: «Parnasi non esiste ed è in mano a Unicredit»?

«Negli ultimi 3 anni ho sostenuto un percorso di ristrutturazione delle aziende di mio padre. Sottolineo: di mio padre. Io non ho mai posseduto neanche un’azione di Parsitalia. Ho però dovuto sostenerne il costo finanziario perché io ho fondato la mia prima piccola azienda a 23-24 anni e pochi sanno che sono sempre stato autonomo rispetto alle attività di famiglia. Poi, a 30 anni, mio padre – che è mancato circa un anno e mezzo fa – mi chiamò e mi disse: “Luca, ho bisogno che vieni a darmi una mano”. Lui è il più grande uomo che abbia mai conosciuto nella mia vita, avrei dato forse la vita stessa, però è stato molto difficile portare avanti il progetto stadio insieme alla ristrutturazione aziendale».

Ci sarà caos per arrivare allo stadio o no?

«Assolutamente zero. Avete idea di cosa significhi avere un impianto che sta in mezzo a due snodi di metropolitana? In macchina si potrà raggiungere col Grande Raccordo Anulare: ci sono due possibili uscite, la Roma Fiumicino, dal centro la via Ostiense o via della Magliana. E poi autobus, bici, ci saranno 11 km di pista ciclabile. Quindi sarà molto più facile che andare all’Olimpico. Di domenica, da Roma nord si potrà arrivare allo stadio in 20-25 minuti. E non si andrà più solo per vedere la partita, ma magari già tre ore prima a fare un giro al museo, a mangiare, poi c’è il Convivium, due parchi. Sarà una vera riqualificazione urbana che porta posti di lavoro e un indotto che in parte c’è già stato. Non va sottovalutata la fermata Magliana della ferrovia Fiumicino-Orte, che sarà collegata all’area dello stadio da un ponte: molti useranno quella. Dopo di che interverrà l’Accordo di Programma fra Trenitalia e il Comune».

Il Ponte di Traiano?

«Non era necessario rispetto a tutto il quadro secondo me, ma alla fine credo si farà».

Le dispiace che l’ippodromo sparisca?

«No e quando sarà demolito, andrò lì col piccone».

Sarà l’impianto più bello d’Italia?

«Secondo me, il migliore d’Europa».