rassegna stampa

Sedici anni fa delirio scudetto con Sensi, Totti e Batistuta

Samuel, Emerson, Aldair e Candela: elementi di assoluto livello che andavano a impreziosire una rosa di alto spessore

Redazione

Non è una data che il tifoso giallorosso possa dimenticare, quel 17 giugno che avrebbe segnato l’ultimo trionfo tricolore di una Roma che da quel momento lo scudetto avrebbe cominciato soltanto a sognarlo. Risultati di grande rilevanza, con quei secondi posti illustrati da numeri da primato, ma la vetta apparteneva ad altri. A cominciare da quella Juventus, che avrebbe conquistato il record dei trionfi consecutivi, tuttora saldamente nelle sue mani, diventate ferocemente rapaci. Quella Roma era stata costruita per riprendersi una posizione di assoluto prestigio, detenuta per tempi ritenuti troppo brevi per una tifoseria precipitata nel malumore. Franco Sensi, mai realmente amato dalla frangia più estrema del tifo, c’aveva messo tanta buona volontà per recuperare le posizioni perdute e trovare cure adeguate alla ferita aperta dalla vittoria del campionato da parte dei rivali laziali. Il presidente sentiva bruciare sulla sua pelle quello scudetto che i cugini avevano appena riportato nella Capitale. Nel cuore dei tifosi, Franco Sensi aveva raccolto un’eredità molto pesante, quella lasciata da Dino Viola, un presidente il cui nome sarebbe rimasto scolpito in modo indelebile nella memoria di tutti i romanisti. Avrebbe conosciuto, la Roma, parentesi amarissime, toccando il fondo quando la proprietà finì nelle mani di Ciarrapico, un nome che i tifosi non avrebbero mai dimenticato e non certamente per affetto. Con l’arrivo di Sensi, ripresero corpo anche le grandi ambizioni da troppo tempo accantonate. Grandi premesse, a partire da una serie di acquisti che tuttavia nei primi anni di gestione non portarono i frutti sperati. Un’opera di ricostruzione ricca di ostacoli, per Franco Sensi e la nuova dirigenza, fatti oggetto di una contestazione volgare e violenta, fino agli estremismi dell’attacco fisico contro i giocatori. Non avrebbe badato a spese, la Roma, per ritrovare il consenso del tifo.

Nell’anno del Giubileo, si allestì una campagna acquisti sontuosa, con l’argentino Samuel, destinato a diventare un pilastro inamovibile della difesa. Meno fortunato, almeno nell’immediato, l’ acquisto di un altro grande calciatore come Emerson, il cui apporto fu limitato nella prima parte della stagione da un grave infortunio, ma che si rivelò fondamentale una volta ristabilitosi. Ma a portare un entusiasmo che poche volte si era visto nella Capitale fu l’acquisto del più forte attaccante del campionato italiano dell’epoca: quel Batistuta strappato alla Fiorentina a suon di miliardi e destinato a rimanere a lungo l’esborso di mercato più importante della storia giallorossa. Oltre dieci mila tifosi entusiasti accorsero all’Olimpico, in un’afosa mattinata di giugno, per salutarne l’arrivo tra cori e ovazioni, un affetto che venne ripagato nel corso di una stagione che lo vide assoluto protagonista. Elementi di assoluto livello, quindi, che andavano a impreziosire una rosa di alto spessore: scontato menzionare Totti, con la prematura eliminazione dalla Coppa Italia per mano dell’Atalanta, riaccese da subito le più violente contestazioni, ma Capello fu abile a tenere in pugno gli umori della squadra e iniziò una marcia trionfale che avrebbe portato al terzo scudetto giallorosso, in un caldo 17 giugno di ormai troppi anni fa. Una data da ricordare, per questa Roma, che vuole tornare presto a rivivere quelle emozioni. Anche se, per ora, la supremazia dei cannibali juventini rende evanescenti i contorni di quel sogno.