rassegna stampa

Dominio azzurro. La Roma è spenta

Dal gol di Insigne la gara prende una piega a senso unico per parecchi minuti. L’inferiorità dei giallorossi diventa mentale, tattica e tecnica

Redazione

È’ l’anno del Napoli? Si direbbe di sì. Il verdetto dell’Olimpico, dopo quanto accaduto a Torino, è abbastanza chiaro e tutto sommato giusto. Sarri batte per il secondo anno di fila la Roma a domicilio e infila l’ottava vittoria su otto gare, Di Francesco s’arrende e deve fare un passo indietro dopo il blitz di San Siro. Ma è una sorta di sorpasso più ampio e forse definitivo quello che viene compiuto nel sabato di campionato: in colpo solo il Napoli vola a +5 dalla Juventus e stacca di nove lunghezze (anche se con una gara giocata in più) l’avversaria che l’ha sovrastata per tre volte nelle ultime quattro stagioni. La sfida dell’Olimpico non delude le attese. Intensa fino all’ultimo e vinta ai punti dalla squadra in questo momento migliore. Non solo della Roma. Bell’avvio tattico, con due formazioni che si studiano e contendono ogni pallone. Di Francesco opta per il modulo «spallettiano», avanzando Nainggolan in pressione su Jorginho in un 4-2-3-1 abbastanza evidente sin dall’avvio. Sarri non ha bisogno di inventarsi granché, la sua squadra ha imparato a memoria uno spartito contro cui ogni mossa di disturbo sembra ininfluente. Per una ventina di minuti la Roma tiene botta e promette bene. Aggressiva, convinta e pronta a ripartire appena possibile. Ma non tira mai in porta.

La prima vera occasione è del Napoli, grazie a una di quelle azioni che hanno reso la squadra di Sarri una realtà europea, Mertens la calcia tra le braccia di Alisson e la partita gira comunque in quel momento. Neanche il tempo di risistemarsi e i partenopei passano con Insigne, stavolta mandato in porta da solo da un errore decisivo di De Rossi. Primo timbro del capitano napoletano in carriera alla Roma, che in questa stagione non aveva mai incassato gol nei primi tempi. Da quel momento la gara prende una piega a senso unico per parecchi minuti. È il Napoli a prendere in mano la situazione in ogni zona del campo, mettendo in mostra il suo gioco ai limiti della perfezione nelle due fasi, con la Roma ad assistere quasi impotente senza trovare una minima contromisura. L’inferiorità diventa mentale, tattica e tecnica. Quando hanno il pallone tra i piedi gli azzurri ti fanno venire il mal di testa a forza di provare a rincorrere le loro trame in velocità, quando lo recuperi te li trovi subito addosso. Normale così che Dzeko si innervosisca e, di nuovo, si senta un po’ solo lì davanti. Prima dell’intervallo è solo il Napoli a rendersi davvero pericoloso e per poco Mertens non trova il raddoppio di testa su corner.

Lo spartito non cambia dopo l’intervallo, l’armata di Sarri rientra in campo senza concedere nulla, col solo difetto che, forse, con questi interpreti sarà incorreggibile: il piacersi troppo che si tramuta in mancanza di cattiveria. Così, nonostante Hamsik e Mertens abbiano la palla comoda per il raddoppio, fanno cilecca. Nella seconda circostanza la Roma perde Manolas per l’ennesimo infortunio muscolare in questo avvio di stagione sul quale sarebbe il caso di riflettere sul serio. Un’altra mazzata sul morale dei giallorossi che nel finale trovano però il modo di reagire, anche perché il Napoli è finalmente un po’ stanco. È proprio il neo entrato Fazio a sfiorare il pareggio che gli viene negato da Reina con il miracolo in fotocopia dell’anno scorso su Perotti: volo e palla deviata sullo stesso palo. Sarri inserisce Zielinski per Hamsik nello stesso momento in cui Di Francesco manda in campo il turco Under al posto dell’inoffensivo Florenzi per l’assalto finale. Ci prova in tutti i modi la Roma, ma ancora una volta deve sbattere contro i maledetti legni: la traversa di Dzeko porta il conto a 9 colpiti in 7 partite, decisamente troppi. L’ultima occasione è per Under, ma Reina stavolta se la ritrova comoda tra le braccia e può esplodere la gioia napoletana al fischio finale, quando si scopre che i tifosi ospiti erano tantissimi anche in tribuna. Sembra proprio l’anno loro, ma la strada è ancora lunga.