rassegna stampa

Rivoluzioni americane

Il problema non è cedere e poi ricomprare (lo fanno in tanti) ma rivoluzionare ogni anno l’undici titolare. Quello sceso in campo contro il Chievo presentava 6 calciatori diversi rispetto a quello della stagione 2014-15

Redazione

A 90 minuti dalla fine del campionato, il déjà vu è già servito. Ancora una volta la stagione della Roma è costellata dai rimpianti. A Trigoria peggiorano la posizione in classifica dell’anno precedente, proprio nella stagione che invece era iniziata con velleità di successi. L’acquisto di Dzeko che ricalcava nell’immaginario popolare quello di Batistuta nel 2000-01 e la partenza ad handicap della Juventus (-11 dopo 8 giornate) lasciavano trasparire nei diretti interessati (Baldissoni: «Attrezzati per vincere lo scudetto», 26 ottobre 2015; Sabatini: «Per lo scudetto ci siamo anche noi», 11 novembre 2015) propositi di vittoria. E invece la Roma ha dovuto fare i conti con la realtà: la polvere messa sotto il tappeto nella querelle tra Garcia e il club, i gravi errori di valutazione su Castan e Strootman, il mercato incompleto, hanno portato all’addio di Rudi (non esente da colpe). Tardivo ma pur sempre efficace. Bisogna infatti dare merito a Spalletti di essere riuscito in un piccolo miracolo: più che recuperare i 5 punti all’Inter o i 4 alla Fiorentina e giocarsi la possibilità (a questo punto remota) del secondo posto, al tecnico è riuscito il capolavoro di trasformare un gruppo spento nelle gambe e nella testa in una squadra.

Il problema non è cedere e poi ricomprare (lo fanno in tanti) ma rivoluzionare ogni anno l’undici titolare. Quello sceso in campo contro il Chievo (Szczesny, Florenzi, Manolas, Ruediger, Digne, Nainggolan, De Rossi, Pjanic, El Shaarawy, Perotti, Salah) presentava 6 calciatori diversi rispetto a quello della stagione 2014-15 (grafico a fianco, ndc). Sette se si considera la posizione di Florenzi. Un caso? No, una routine.

(S. Carina)