Lo stadio della Roma si fa, ma con meno cemento, meno business park, via le torri di Daniel Libeskind, che a Ground Zero sì, a Tor di Valle no. Giovedì Beppe Grillo ha detto che lo stadio sì, ma non lì, troppi rischi, e venerdì ha detto che lo stadio sì, e proprio lì. A Tor di Valle. Intanto è scomparso anche il referendum proclamato mercoledì («Sentiremo i cittadini»), e poi uno spiritello delle catacombe s'è portato via l'inviolabile vincolo posto la scorsa settimana sull'ippodromo di Tor di Valle, scrive Mattia Feltri su "La Stampa".
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Ruderi e rifiuti, ecco gli stadi della Capitale
Non solo l'ippodromo di Tor di Valle, ma anche il Flaminio, Campo Testaccio, il velodromo dell'Eur e la Città dello Sport di Tor Vergata
Alle tribune di Tor di Valle è vietato avvicinarsi perché crollano, di sotto è un tappeto di calcinacci e vetri, gli altoparlanti pendono appesi al filo, i seggiolini di legno marci, le vetrate rotte, cumuli di ferraglia, bidoni bruciati, sedie di plastica, poltrone, lattine ossidate, persino un paio di sci, e un frigorifero. La terra promessa dell'abbandono più desolante, fatto di scuderie fatiscenti, quadri elettrici divelti, erbacce nel cemento. È tutto superato, per fortuna: si farà lo stadio; quanto alle tribune si vedrà.
Ma non è che a Roma questo ippodromo sia l'eccezione. Un gioiello vero è il Flaminio, lo stadio costruito per le Olimpiadi del 1960 su progetto di Pier Luigi Nervi e che ospitò Roma e Lazio nella stagione 1989-90. I tifosi ricordano con nostalgia quella stagione vissuta a picco sul campo, in contatto quasi fisico coi giocatori, senza l'orrore bulgaro della pista d'atletica. Oggi, dopo un periodo dedicato al rugby, il Flaminio è dismesso, un rudere da Blade Runner in pieno centro. Poi C'è il Campo Testaccio, il primo storico campo della Roma, che ormai sembra l'esito di un bombardamento, e il velodromo dell'Eur, incastro di amianto che l'ingegno romano ha trasformato nella solito monnezzaro a dimensione domestica. Il capolavoro è la Città dello Sport di Tor Vergata, annunciata da autostrada e tangenziale dalla vela di Calatrava, una splendida pinna di squalo di tubi bianchi intrecciati. Doveva essere la sede dei palazzetti del basket e del volley, più la piscina per i mondiali di nuoto del 2009, che invece si sono disputati al Foro Italico. Lì non ci si arriva più. Chiuso tutto, chiusa anche la strada.
E allora, evviva Tor di Valle. Entro il 2020 lo Stadio della Roma dovrebbe essere in piedi e in uso. Evviva anche se, non si capisce perché, è saltata la costruzione della bretella che avrebbe collegato lo stadio alla Roma-Fiumicino. Così i tifosi del Liverpool o del Werder Brema atterreranno, vedranno lo stadio a portata di mano, saranno costretti a proseguire fino a Termini, prenderanno la metro per Ostiense e da Ostiense torneranno in treno a Tor di Valle.
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