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Benvenuti al grande caos dello stadio fra liti, vincoli spariti e zero sicurezza

La nuova delibera, la prossima settimana, entrerà in Aula per conquistare l’interesse pubblico

Redazione

Così va riscritto daccapo sul nuovo progetto. Con la scoperta ulteriore di un nulla osta paesaggistico sfornato nel 2014 dalla direttrice dei Beni culturali del Lazio Federica Galloni, addirittura opposto rispetto a quello firmato da Eichberg. Dunque quel meccanismo del parere unico statale, introdotto per velocizzare l’iter burocratico finisce per complicarlo allungando i tempi, come scrive Andrea Arzilli sul Corriere della Sera. C’è anche la questione della sicurezza, che rischia di avere il ruolo di protagonista assoluto nella vicenda.

Secondo la nuova delibera le vie di afflusso e deflusso dal quadrante sono quasi due, nel senso che è prevista la bretella via Ostiense-via del Mare più il ponte dei Congressi. Ma quest’ultima opera è ancora incagliata nella relativa Conferenza dei servizi. I requisiti della delibera sarebbero ad oggi insufficienti, troppo poco per una zona chiusa, ritagliata in un’ansa del Tevere. Più si va avanti e più la vicenda sembra dunque ingarbugliata.

La bolla di pubblico interesse sulla delibera 132 era la prima pietra virtuale della nuova arena giallorossa. E per arrivarci c’era voluta la grande spinta di Marino ai suoi uffici comunali e, prima ancora, una trattativa serrata all’interno dell’ allora maggioranza Pd.

Sembrava l’inizio. Sì, del calvario. Perché mentre andava avanti l’analisi geotecnica di Tor di Valle, il dossier stadio era oggetto di un rimpallo tra Comune e Regione. Poi arriva Virginia Raggi, sindaca che da consigliera M5S si era battuta come poche contro l’operazione stadio. E la presenza in squadra di Paolo Berdini all’Urbanistica non lasciava presagire niente di buono per i proponenti dell’opera che, al netto della quiete negli incontri istituzionali, oltre al no politico della maggioranza M5S incassava quasi subito pure il no degli Uffici capitolini, lo stesso che ha portato lo scorso 5 aprile alla chiusura con esito negativo della Conferenza dei servizi. Il parere non favorevole elaborato i primi di febbraio, del resto, combaciava con la posizione di Berdini secondo cui l’assenso allo stadio era da concedere solo a patto che il progetto rientrasse "nei 63mila metri quadri del piano regolatore, non uno di più". E non è un caso quindi che, a metà febbraio cioè poco prima che saltasse fuori l’accordo politico tra proponenti e Raggi da cui il progetto stadio è rinato dimezzato nel cemento, la prima testa a cadere sia stata proprio quella di Berdini. Dimissioni, arrivo del nuovo assessore all’Urbanistica Luca Montuori e iter che riprende, stavolta sostenuto dal M5S e osteggiato dal Pd che l’aveva prima sostenuto, in una atmosfera politica capovolta. Ma ormai non c’è da stupirsi.