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Sabatini: “Ho insistito per andare via dalla Roma. Sarò sempre il ds degli Emerson Palmieri”

L'ex ds dei capitolini si è raccontato ripercorrendo i suoi colpi di mercato: "Marquinhos il più spettacolare, Yanga-Mbiwa la cessione più dolorosa. Pjanic alla Juve? Era un'operazione da fare"

Redazione

E' uno dei personaggi più discussi della storia recente della Roma. Walter Sabatini, ex ds giallorosso dopo l'addio nell'ottobre 2016, si è raccontato davanti alle telecamere de 'L'ottavo scudetto', trasmissione in onda su èTv. Il 62enne di Marsciano ha cominciato parlando della possibilità di trasferirsi al Bologna.

Perché lei quest’estate non è diventato il ds del Bologna?

“Era una ipotesi molto bella, ma il Bologna aveva e ha bisogno di immediatezza ed io non l’avrei garantita. Avrei lavorato in chiaroscuro lavorando un po’ per la Roma e un po’ per il Bologna. Era importante garantire anche la trasparenza: io non sarei stato presente al 100%. Con molto rammarico ho rifiutato. Oggi sono molto dispiaciuto, visto anche il mio epilogo a Roma un po’ deprimente. Ho insistito per andar via perché c’erano solo questi presupposti. Sono un tifoso della Roma e lo sarò per sempre, ma sono anche un grande simpatizzante del Bologna”.

Destro esploderà?

“Deve fare molto di più. E’ stato colpito spesso da problemi fisici. A Roma è arrivato come un cavallo di razza. Nella Roma ha fatto tanti gol, media gol straordinaria sebbene avesse sulla sua strada un attaccante come Totti. Rimarrà statisticamente uno dei più prolifici della Roma. Ma ora non sono contento del suo atteggiamento a Bologna. I giocatori che sono usciti dalla mia mano li seguo con molta attenzione e cura. Lui è troppo permaloso e questo in campo non va bene. Ma rimane lo stesso un giocatore forte”.

Sadiq?

“Sadiq è un giocatore molto forte. Il giorno prima di andare al Bologna si è fatto male, ma io avevo avvertito il medico rossoblù. Alla Roma ha fatto due-tre partite importanti. Alla Roma lo cercano spesso perché in quel periodo riusciva a finalizzare bene l’azione trovando anche dei gol. E’ un giocatore inguardabile, tutto sgraziato. Ma è molto imprevedibile per questo. Avrebbe potuto benissimo giocare insieme a Destro, anzi lo può ancora fare (ride, ndr). Sono addolorato dal fatto che si sia fatto male”.

Torosidis?

“Lui per anni è stato un idolo dei tifosi della Roma, ma anche all’interno dello spogliatoio. Conosceva i suoi limiti. Ha giocato tante partite facendo sempre bene, magari non emergeva ma era molto affidabile. Il Bologna prendendolo ha cercato sicuramente la sua affidabilità. Toro è Toro. Nello spogliatoio era un coagulante. Molti giocatori mi hanno chiesto i motivi della sua cessione”.

Sui video delle contestazioni a Trigoria.

Non sono abituato alla tecnologia. Pensate che una volta, quando non mi trovavo ancora ufficialmente alla Roma, non mi rendevo conto di essere pedinato, sono uscito da un locale con una bionda e subito la notizia è stata diffusa. Peccato che la bionda fosse mia moglie".

Come chiamava Fenucci in società?

"Contabile. Claudio ha passato quegli anni di Roma sotto stress. Gli dicevo scherzosamente di stare zitto e di fare il contabile. Ha comunque una grande sensibilità calcistica".

Se la Roma farà prima del Bologna a costruire lo stadio?

"Rivestirebbe per entrambe le squadre un grande investimento. Gli stadi concepiti in un’altra maniera riporterebbero le famiglie allo stadio. Questo rimetterebbe in asse la competitività di tutte le squadre. A Roma la vicenda è iniziata molti anni fa. A Bologna si tratta mi sembra di una ristrutturazione e credo che sia più facile".

A cosa serve il mercato di gennaio?

"L’ho sempre vissuto con intensità e stress. Il calcio è sofferenza. Non dovrebbe essere così, mi contestano questo modo di pensare al calcio. Nelle sessioni di gennaio a volte siamo riusciti a portare quei correttivi. La Roma l’anno scorso è stata fortunata perché ha preso Perotti ed El Shaarawy. La definisco fortuna perché è un’attitudine. Vuol dire che siamo stati bravi".

Il colpo di mercato più bello?

"Ce ne sono tanti e mi dispiace sceglierne uno. Il più spettacolare è stato Marquinhos perché era un ragazzino che arrivò a Roma per 3 milioni e fu rivenduto dopo un anno a una cifra iperbolica".

La sua cessione più dolorosa?

"Per prima cosa quando i miei giocatori sbagliano uno stop io sto male. Non vorrei essere il ds di Messi o Ronaldo: io sono il ds degli Emerson Palmieri. Comunque è stata la cessione di Yanga-Mbiwa. Mi sono trovato a disagio. L’ho preso dal Newcastle con una formula particolare: avrebbe dovuto fare 20 partite per essere acquistato obbligatoriamente. Ne ha fatte più di 20 per necessità e per bravura. Era diventato il beniamino di tutti dopo il gol alla Lazio, però avevo esigenza di recuperare i 10 milioni del suo cartellino e ho ricevuto l’offerta del Lione. Ricordo ancora oggi il suo sguardo muto, senza odio. Sono stato male, non sapevo cosa dirgli. Sapevo di fargli un torto".

Quante plusvalenze ha lasciato alla Roma?

"Non lo so, qualcuno dice 200, alcuni 280. Il far plusvalenze è una prerogativa di chi fa il mio lavoro. L’operazione Pjanic alla Juventus? È stata un’operazione da fare perché ci sono sempre aspetti salariali da guardare. Quando il giocatore si aspetta di aumentare il proprio salario pone la società nell’ottica di riflettere. Il mercato di gennaio ti consente di migliorare la stagione in corso e anche quella dell’anno successivo. Faccio l’esempio di Palmieri, preso a gennaio dalla Roma. Lui è stato considerato un reietto per mesi e ora sta crescendo a dismisura e sta diventando un terzino di spessore. Contribuirà alle prestazioni della Roma e in futuro sarà un uomo mercato. Il calcio riserva soprese. Palmieri non giocava nel Palermo. Nel calcio serve fiducia. Qualche volta la fiducia non basta ed ecco che ci vuole fede”.

Osvaldo?

"È un fenomeno. È stato uno dei rammarichi, perché era fortissimo. Ha fatto cose bellissima a Roma, ma viveva un’ambivalente concezione della vita. Pensava di essere un uomo maledetto, una rockstar. La sua bellezza lo rendeva un personaggio difficile da assimilare al ruolo da calciatore, ma al livello tecnico era incredibile".

Cosa guarda in un calciatore?

"Il carattere a volte in campo viene simulato, si potrebbe anche prendere una fregatura. Guardo le movenze e le idee del calciatore, quanto guarda la porta e quanto possa essere verticale. Quando sono andato a vedere Lamela al River l’ho visto passare in mezzo a tre avversari, mi conquistò con i suoi dribbling da puledro scatenato. A Roma raccontano che ho 8 milioni per Ibarbo, invece ho speso due milioni e ne ho ricavati 2. Ha fatto la partita della vita contro la Lazio e in quella partita siamo arrivati in Champions. È stato un grandissimo acquisto”.

Futuro al Bologna?

"Spero per loro di no (ride ndr), io sono un casinista. Quanto tempo ci vorrà per far diventare grande il Bologna? Oggi è difficile perché la concorrenza dei fatturati e delle squadre metropolitane rende difficile il lavoro delle società di profilo medio. La città rappresenta qualcosa di importante. Se 10 anni sono sufficienti per far diventare il Bologna una grande? Io faccio pensieri trimestrali, sono anni che penso alla mia vita in termini di trimestri".