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Roma, sono spariti anche i sogni

LaPresse

La Juve è lontana già 18 punti. È vero, ha sempre vinto più. Ma i sogni, quelli no, non mancavano: oggi invece non ci sono più

Francesco Balzani

Alziamo le braccia e camminiamo molto lentamente. Ci consegniamo, di nuovo: dei piazzamenti, dei boom su Twitter, dei percorsi di crescita e dei bilancice ne sbattiamo altamente. “Un momento, ma per chi parli?”, si domanderà qualcuno di voi. Basta leggere un qualsiasi post sui canali social ufficiali o non che parlano di Roma per capire che stiamo provando a dare voce a migliaia (sì esatto migliaia) di tifosi. Tifosi sì, non media o giornali nordisti o sudisti che siano. E non è il pessimismo cosmico che vuol ferire gli animi puri degli ottimisti a tutti i costi, di chi fa di Trigoria la seconda casa dimenticandosi che quelli che amano davvero la Roma spendono soldi per starne fuori e da troppo tempo non riempiono una piazza. E’ la rottura di palle di una tifoseria che ha avuto in pasto una bellissima semifinale di Champions in mezzo a 9 anni di altalene snervanti. Un piatto di scampi e tanto pane e cipolla. E’ l’apatia di chi ha dimenticato pure i sogni. Perché oggi, 25 novembre 2018, il campionato è finito. Anzi, a dire il vero è finito da un pezzo. La Roma è lontana 18 punti dalla Juventus che i sogni li realizza. E’ vero, la Juve ha sempre vinto più della Roma. Ma i sogni, quelli no, non mancavano. Erano vividi negli anni ’80 con Falcao e Conti, erano passionali negli anni ’90 quando il cuore andava oltre la poca tecnica e permetteva di giocarsi finali di coppa Uefa o coppa Italia, erano surreali nel 2000 quando dopo l’incubo del tricolore alla Lazio arrivarono le forbici, erano malinconici nel 2009 quando lo scudetto sfiorì a 4 giornate dal termine. Oggi non si sogna più. Pallotta ci ha detto quando doveva finire il dream Totti e Monchi ci ha strappato dalla cameretta i poster di Salah, Alisson, Strootman e Nainggolan. Li ha sostituiti certo, ma con chi? La sconfitta di Udine, oltre a ribadire i limiti di Di Francesco, fornisce però pure alibi al tecnico che è ormai diventato l’ennesimo capro espiatorio di una gestione che ricorda molto la prima Inter di Moratti: campioni ceduti e mal sostituiti (vedi Roberto Carlos con Pistone), meteore strapagate (Vampeta come Iturbe) e allenatori fatti a pezzi con l’accetta da una critica che guarda il dito e non la luna. Diciamoci la verità: Schick è una bufala, chi ancora pensa non sia così forse vuole aspettare l’alba dei tempi. Nzonzi e Cristante non riuscirebbero a portare verve nemmeno in una balera, Kluivert è cool, è divertente ma di certo è ben lontano dall’essere un campione. E poi? Facciamo la conta: Moreno, Karsdorp, Silva, Marcano, Pastore, Bianda, Coric e Fuzato. Dove sono? Chi sono? Insomma, detto tra noi che non abbiamo bisogno dell’ottimismo di Tonino Guerra, la Roma non è più una grande squadra. E non ha una squadra B. Ci siamo illusi che Santon potesse diventare quello che non è mai stato, che El Shaarawy potesse trovare quella continuità che non ha mai avuto, che Fazio acquisisse quelle doti che non gli appartengono. La realtà è che sono giocatori normali, come normale è la classifica, come normale è la recente storia romanista. Anormale è fare 1 punto contro il Chievo e zero con Bologna, Spal e Udinese. E di questo, ovviamente, deve rispondere anche Di Francesco. Infine c’è Dzeko, forse l’unico top player. Ma per qualcuno è addirittura da vendere. Per i mangiatori di sogni, per i Babadook che ci hanno tolto pure la voglia di dormire. In definitiva la Roma non è pronta, lo sono i suoi tifosi che anche ieri hanno invaso Udine senza tesserino da giornalista e rimborso spese in tasca. Ma loro, in fondo, pronti lo sono sempre stati. Ecco che storia è….