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Operazione ds: ecco Petrachi, anima salentina col folk nel sangue e la passione azzurra

LaPresse

Fienga si è mosso in prima persona, strappandogli il sì per un trasferimento a Trigoria. Dopo 9 anni al Torino, l’ex Pisa è pronto a salire di livello. E quell'amicizia con Conte infiamma i tifosi giallorossi

Valerio Salviani

Il segreto del successo è che parliamo tutti la stessa lingua”. In questa semplice frase detta qualche anno fa si può racchiudere il Petrachi-pensiero. Zero filosofia, puro pragmatismo di stampo tutto italiano. Anzi, salentino. Perché da dove viene lui, da Lecce, ci tengono a specificare. Anche se Petrachi, tra i più accreditati al ruolo di nuovo ds della Roma, è ormai un torinese di adozione.

ANIMA FOLK – Gianluca Petrachi, figlio di Bruno, cantante popolare leccese (che il dirigente ha recentemente ricordato esibendosi in piazza durante un festival), comincia la sua carriera di ds al Pisa, nel 2006. Rimane in Toscana fino al 2008, conquistando la promozione dalla Serie C alla B, e sfiorando la A, persa ai Play-off proprio con il suo Lecce. Nella stagione 2009-10 affianca Rino Foschi al Torino, per poi diventare “solista”. Al suo arrivo i granata faticano in Serie B. In due anni raggiungono la A, per restarci fino a oggi. Petrachi, nel corso degli anni, diventa il braccio destro del presidente Urbano Cairo, costruendo una società solida e capace di diventare una realtà consolidata del nostro campionato.

PASSIONE AZZURRA – Collettivo sopra ai singoli. Largo al talento, ma la squadra verrà sempre prima di tutto. Un po' il pensiero che Claudio Ranieri sta provando a trasmettere alla Roma. Un allenatore con cui Petrachi si troverebbe bene. Il ds ha, da sempre, un occhio di riguardo per gli italiani. E con i giallorossi che stanno cercando di ridurre la quota straniera, il dirigente granata saprebbe dove mettere le mani. Fienga si è mosso in prima persona, strappandogli l’ok all’eventuale trasferimento a Trigoria. Da decidere ancora se in affiancamento a Massara, o a Campos, che oggi dopo le parole del presidente del Lille sembra più lontano. L’addio con il Torino non sembra un problema, con Cairo che non farebbe troppa resistenza se dopo 9 lunghi anni Petrachi chiedesse di essere lasciato andare.

CON-TE – Per convincere Pallotta a puntare su Petrachi, c’è la carta Antonio Conte che non va sottovalutata. Con le parole di Marotta che sembrano ufficializzare una riconferma di Spalletti all’Inter (qualificazione in Champions permettendo), l’ex Juve torna prepotentemente sul mercato. Tra le panchine d’eccellenza, c’è il Bayern Monaco che si è informato sulla situazione del tecnico. La Roma, dal canto suo, grazie all’amicizia di Petrachi (i due sono rimasti in contatto dai tempi del Lecce), può provare a convincere Conte a sposare la causa romanista. Un’operazione difficile, ma che va tenuta in considerazione.

TEMPERAMENTO – Gianluca Petrachi è uno che non le ha mai mandate a dire. Alza la voce davanti alle telecamere (più volte si è lamentato di arbitri e Var) e negli spogliatoi. E anche alle critiche che arrivavano da fuori, il ds ha saputo rispondere senza abbassare la testa. “Da quando sono qua, il Torino produce plusvalenze: credo sia giusto che qualcuno lo ricordi, perché quando sono arrivato io il Toro navigava nella bassa serie B e perdeva quindici milioni l’anno. Se dopo tutti questi anni la situazione è cambiata, sinceramente, credo che il diesse abbia qualche merito” ha risposto in un’intervista tempo fa.

LARGO AI GIOVANI, MA NON TROPPO – Petrachi conosce il valore dei giovani, soprattutto a livello economico. Nel corso degli anni ha puntato spesso su profili di prospettiva, che hanno aiutato il club quando poi sono stati rivenduti generando plusvalenze. Ma senza dimenticare l’usato sicuro. Il Torino ha sempre avuto una base d’esperienza, specialmente in difesa, dove baluardi come Glik o Moretti non sono mai mancati. Una nuova filosofia, da parte di un normalizzatore. Forse, quello di cui a Trigoria hanno più bisogno.