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Graziani: “Falcao si tirò indietro contro il Liverpool, Viola una figura imponente”

"Paulo faceva la differenza. Mancava anche Ancelotti, si era rotto il legamento del ginocchio. Nella stessa partita avemmo la disgrazia della dissenteria capitata a Pruzzo all’intervallo. Ai rigori sbagliammo io e Bruno”

Redazione

Ciccio Graziani è stato ospite di Roma Tv e del programma slideshow. Queste le sue dichiarazioni:

Foto di squadra del Torino “Una foto storica, una suqadra straordinaria, abbiamo vinto troppo poco a livello nazionale e soprattutto a livello europeo. Era una squadra fortissima, soprattutto quando giocavamo in casa. In due anni di seguito avevamo sempre vinto”.

I festeggiamenti dello scudetto. “Pareggio in casa col Cesena, la Juventus perse a Perugia. Sono in coppia col mio gemello Paolo Pulici, con cui ho condiviso momenti meravigliosi. La prima foto storica del Torino con lo scudetto, erano 27 anni che il Torino non lo vinceva. Abbiamo riportato entusiasmo in una città che ne aveva bisogno, abbiamo ridato fiducia alla nostra tifoseria”.

Dopo una partita giocata in porta. “Mi capitò in una gara particolare, in Coppa del Campioni, giocammo col Borussia Moenchengladbach. A ritorno fu una gara particolare, furono espulsi Castellini, Zaccarelli e Caporale. Castellini fu l’ultimo, andai io in porta. Il pubblico faceva il tifo per me, c’erano dei giocatori importanti. In una serata così disgraziata, fu una grande soddisfazione non prendere gol”.

Foto con Rocca. “Un ragazzo d’oro, con cui ho condiviso la crescita calcistica. Lui è di San Vito, io di Subiaco, paesini simili. Ci siamo ritrovati nelle nazionali giovanili e poi in quella maggiore. Ha avuto questo terribile infortunio e ha smesso troppo presto. Era un ragazzo con unforza fisica incredibile, giocava su entrambi i lati meravigliosamente. L’ho visto sempre molto triste, cupo, abbattuto. Alcune cose che gli erano state promesse non furono mantenute, lo ricordo con affetto e simpatia. Avrebbe potuto scrivere pagine meravigliose del calcio italiano”.

Scambio di gagliardetti di un Roma-Torino. “Mi ricorda il fatto di aver giocato da Capitano in alcune partite, davanti a un personaggio come Di Bartolomei, mio compagno di camera a Roma”.

Foto di squadra del 1983-1984. “Prima foto di quando sono arrivato, è stato un percorso lungo. Con grande soddisfazione”.

Dino Viola “Con lui ho avuto rapporti idilliaci e burrascosi, ma era una figura imponente. Emanava carisma e intelligenza. Vedendolo ora mi viene da sorridere, mi sembra di riaverlo davanti, In questa immagine mi sembra vero. Era molto presente, un presidente meraviglioso. Aveva un pizzico di quella che chiamo vanità. Avevamo due tessere di Monte Mario per la famiglia, ma la domenica andavamo alla ricerca del biglietto in più per gli amici. Lui prendeva un blocchetto e lo metteva in tasca, si arrivava il venerdì e lui diceva che non era possibile. Poi arrivava il sabato e chiedeva come ci eravamo preparati e la sera a cena riprovavamo a chiedere i biglietti. La domenica mattina ti girava intorno, poi a un certo punto chiedeva se ci servivano i biglietti e ce ne dava più di quelli che chiedevamo. Elargiva a me e agli altri quei 3-4 biglietti in più che ci facevano accontentare gli amici”.

Liedholm “All’inizio non ebbi un ottimo rapporto con lui, c’era distanza. Una volta gli disi di essere abituato a parlare con l’allenatore, lui rispose di avere un’età diversa dagli altri allenatori e che gli piaceva avere quel distacco. Io risposi che quando non giocavo me lo diceva mister Tessari. Al Tre Fontane spesso Tessari mi si avvicinava per chiedermi come stessi e poi mi diceva che sarei andato in panchina. Sosteneva che bastava fare il nostro per vincere e che non avevamo paura di nessuno. Potevamo vincere di più con lui”.

Il derby. “Sono volato in cielo, non pensavo di essere così forte di testa! Ho giocato pochi derby, il rammarico è quello di non aver mai segnato. Purtroppo o per fortuna la Lazio andò in Serie B in quel periodo, non abbiamo più giocato contro. È un ricordo bello, ho fatto la stracittadina a Torino, ma quella di Roma aveva un’atmosfera diversa. Qui si vive di più”.

Prima della finale di Coppa dei Campioni. “Una squadra fortissima, peccato che in quella circostanza avevamo un giocatore che giocò al di sotto delle sue possibilità, Falcao. Lui faceva la differenza. Mancava anche Ancelotti, si era rotto il legamento del ginocchio. Nella stessa partita avemmo la disgrazia della dissenteria capitata a Pruzzo all’intervallo. Ai rigori sbagliammo io e Bruno”.

Il rigore sbagliato. “Il rammarico è doppio, ti senti in difficoltà con i compagni, che ti hanno demandato una responsabilità importante, ti senti di averli traditi, li hai privati di una chance di successo. Grande rammarico, avremmo regalato alla società e a una tifoseria come quella della Roma un ricordo storico”.

Falcao. “Professionista serio e un giocatore meraviglioso. Ho visto solo due giocatori con quell’intelligenza: Rivera e Falcao. Aveva gli occhi di dietro, l’unico rimprovero che gli posso fare è che quando scegliemmo i tiratori Paulo disse di non essere un rigorista. In alcuni momenti importanti, anche se non sei un rigorista, è una responsabilità che ti devi sentire”.

Italia-Camerun. “Feci il mio primo e unico gol ai Mondiali, quello che ci permise di andare alla fase successiva, per poi vincere la Coppa in crescendo. Senza questo mio gol chissà cosa sarebbe accaduto. La foto mi ricorda quella manifestazione e la squadra con cui ho fatto gol”.

La finale. “Un’emozione incredibile, foto indelebili nel nostro cuore. Due squadre molto forti, sapevamo anche qui che era un’occasione più unica che rara per tanti di noi. O si vinceva o non si sarebbe mai più vinto. In questi momenti c’è l’essenza della partita, l’inno è un momento straordinariamente importante. Senti gli occhi della tua nazione che ti seguono, è un momento in cui hai ancora qualche minuto per riflettere su quello che dovrà essere”.

L’infortunio. “Erano passati pochi minuti, cadendo con la spalla ho sentito il riacutizzarsi di una piccola lussazione avuta precedentemente. Ho capito che la mia partita sarebbe finita, il dolore era troppo forte. A quel punto ho detto che era meglio il cambio, per vincere la partita servivano uomini sani”.

La festa. “Mi fa piacere rivedere questa foto, Bearzot mette la coppa in testa a Bruno Conti, come segno di riconoscimento. Il tributo dell’allenatore verso un giocatore che fu tra i protagonisti di quel mondiale. In quella circostanza meritava il pallone d’Oro”.

Conti e Pruzzo. “Amici straordinari. Bruno è estroverso, divertente, scherzoso, si avvicina al mio carattere. Roberto è burbero, brontolone, devo dire che su Roberto avevo un buon ascendente, a livello di carisma. L’amicizia è nata per questa differenza di carattere. Mi spiace per Roberto che non fece parte della spedizione in Spagna per lo screzio con Bearzot, che sbagliò a legarsela al dito. Se lo meritava”.

Roma-Juventus 3-0, 1986. “Li abbiamo asfaltati. Entrando dal tunnel verso il campo, lo stadio era completamente giallorosso. C’erano righe verticali giallorosse che coprivano gli spettatori. Mi ricordo che entrando ero vicino a Platini, lui si guardò intorno e disse che era uno spettacolo magnifico. Gli dissi che giocando nella Juventus avrebbe vinto tanto, ma se avesse giocato qua sarebbe stato gratificato in un modo meraviglioso. Un momento molto bello, riconobbe un entusiasmo e una creatività che a Torino si sognano”.