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Emerson si racconta: “Dopo il Porto la svolta della mia vita. Sabatini come un papà”

Il brasiliano aggiunge: "Per giocare nella Roma devi avere personalità e capacità di soffrire"

Redazione

In questa stagione ha stupito tutti con prestazioni di alto livello, anche in Europa, che lo hanno portato anche a guadagnarsi la maglia della Nazionale Italiana. Emerson Palmieri da oggetto misterioso a titolare inamovibile, il brasiliano si è raccontato in una lunga intervista a Roma Tv.

"Per giocare nella Roma devi avere la personalità, saper soffrire ma anche superare questi momenti e affrontarli. Dopo la partita col Porto è stato il momento della svolta della mia vita".

Sugli inizi della carriera.

Ho iniziato a giocare a pallone a 6 anni, poi a 7 anni sono andato nel Portuarios. Poi ho giocato in tante squadre, ma niente di serio. Ho cominciato con il calcio a 5. Mi piaceva giocare dietro le punte da numero 10, poi sono indietreggiato e ho finito terzino. Quando avevo 15 anni e giocavo nell'Under 17 del Santos è stata la prima volta che sono stato chiamato nelle nazionali giovanili e lì ho capito che potevo arrivare lontano. E' un onore enorme giocare con il Santos, sono di quelle parti ed è la squadra del cuore del mio papà.

Su Neymar e il Santos.

Dal Santos escono sempre giocatori così, Neymar è formidabile, non ci sono parole per descriverlo. Ho avuto la fortuna di giocarci insieme. Alex Sandro, Felipe Anderson, Bruno Peres con cui ho la fortuna di giocare ancora, è una squadra che lancia sempre tanti giocatori. E' la storia del Santos, di dare giocatori per l'Europa. Il giorno dell'esordio è stato bellissimo, a 16 anni ero in panchina, c'erano tanti giocatori importanti davanti a me, l'allenatore era Muricy Ramalho. Mi ha dato questa opportunità, ero contentissimo anche per la mia famiglia, arrivare in una squadra così importante e giocare a 16 anni non è da tutti. Per questo è stato indimenticabile.

Sulla fede.

Sono un atleta di Cristo, ho fede in Dio perché ha creato questo mondo, sa tutto della mia vita. Ora tutti dicono che Emerson è cresciuto ed è diventato importante, ma quando nessuno parlava di me ho sempre creduto in lui. Se mi ha dato la possibilità di essere alla Roma è perché voleva qualcosa da me. Ora sto giocando, con grande volontà lavorando ogni giorno per crescere. Ma ringrazio sempre Dio per essere qui.

Sul Brasile.

Lo amo, amo stare lì e mi manca ovviamente. E' normale però nel calcio andare a giocare fuori, ma io amo molto il Brasile.

Sulla famiglia.

Mi fa stare sempre molto concentrato, mi aiuta nei miei sogni ogni giorno, per arrivare al mio sogno principale. Anche mio fratello gioca, nella Fluminense. Papà non è diventato professionista, ma il calcio è una cosa di famiglia. E' molto importante per me mio fratello, quando eravamo piccoli io avevo 10 anni e lui 15, lui è andato via a giocare fuori. La mia adolescenza non l'ho passata con lui, ha giocato fuori 8-9 anni. Ci vedevamo 2-3 volte all'anno e mi mancava tanto, ora che le cose vanno bene ci siamo trovati di più, è venuto a Roma per le vacanze. Mio fratello è... mio fratello. Papà è molto importante, era un suo sogno vedere i figli giocare a calcio e oggi siamo diventati calciatori. Se lo siamo diventati è perché lui ha fatto di tutto per farci stare qui.

L'arrivo a Palermo.

Non volevo andare perché avevo paura di lasciare il Brasile, gli amici e il resto. Avevo 20 anni e avevo paura, ma la mia famiglia mi ha detto: "E' il tuo sogno, devi andare. Poi avrai tempo per gli amici e per tutto, ma questa è la tua vita e noi siamo con te". Questo è stato importantissimo per me. Ho scelto il Palermo, perché al Santos non stavo bene, ero infortunato e non giocavo da tanto. Il Palermo mi ha chiamato e ho sentito la fiducia, non è andata tanto bene ma è stata la porta per l'Europa e devo anche ringraziare il Palermo. Avevo un solo amico, era portoghese ma anche io non lo conoscevo. Quando non conosci hai sempre paura, i primi mesi erano difficili per la lingua e per le abitudini. Ho pensato di tornare, ma la mia famiglia mi ha detto di restare perché era il mio sogno. Ho affrontato le difficoltà e ora sono tranquillo qui in Italia. Pensavo che a volte era uguale al Brasile qui, che dovevo attaccare e fare gol, ma ora mi rendo conto di essere cresciuto tatticamente, in Brasile non è come in Italia. Non posso dire niente della società, mi hanno sempre voluto bene, Iachini mi ha fatto crescere tantissimo. Lì mi sono infortunato per tre mesi e questo non mi ha aiutato, ma quando ho giocato l'ho fatto bene e penso di essere cresciuto a Palermo.

Poi la Roma.

Non me l'aspettavo, pensavo di dover fare 1-2 grandi stagioni per arrivare a un così grande club come la Roma. Queste sono cose di Dio, come fai ad arrivare alla Roma dopo una stagione difficile a Palermo? Sabatini conosce le mie qualità ed è per questo che sono qui, ha avuto fiducia in me visto che a Palermo avevo giocato poco. Ora sono contentissimo. Sabatini è stato come un papà, mi ha portato qui e mi ha difeso nelle difficoltà, mi ha consigliato ed è per questo che lo ringrazio.

Alla Roma tanti brasiliani.

Noi brasiliani vogliamo stare sempre insieme, abbiamo rapporto con tutti perché qui è un grande gruppo, una famiglia. Siamo 5 brasiliani, è normale stare sempre insieme.

La vita fuori dal campo?

Io ho la mia ragazza e anche gli altri hanno le mogli. Però se magari le dico che esco con loro anche fuori da Trigoria lei si arrabbia, ma è vero. Con Bruno Peres stiamo sempre insieme, scherziamo sempre, al Santos abbiamo giocato tanto insieme da titolari. Poi siamo andati via e il destino ha voluto che fossimo entrambi a Roma, dobbiamo solo ringraziare Dio.

Sul gruppo giallorosso.

E' un gruppo fantastico, mi hanno accolto tutti benissimo. Quest'anno c'è qualcosa in più, sembra una famiglia, abbiamo un gruppo su whatsapp e facciamo tutto insieme.

Il primo gol al Milan.

E' stato bellissimo, nell'ultima di campionato in uno stadio così importante contro il Milan. Un giorno indimenticabile, il primo gol con la Roma. Spero di fare di più. Dopo il gol non sono neanche riuscito ad esultare perché sono venuti tutti da me e sono rimasto ancora più contento perché ho visto che tutti mi volevano bene. E' stato bellissimo.

Sui giovani.

Per noi che arriviamo qui con questi giocatori è più difficile, ma mi sono ambientato, mi sono allenato con voglia ed è vero che sono cresciuto tantissimo e questo è quello che devo portare con me. Lavoriamo per questo, per la fiducia dell'allenatore, l'affetto dei tifosi. Non mi aspettavo così, forse ne ho conquistato già un po', ma devo continuare con umiltà e volere sempre di più.

Su Paredes.

Mi ha sorpreso per la sua qualità, per come gioca. Non lo avevo mai visto personalmente e mi ha sorpreso tantissimo.

Sui campioni della Roma e i suoi idoli.

Ho giocato con tanti giocatori forti, Nainggolan e Totti sono fortissimi, De Rossi anche. Ronaldo è stato il mio idolo da bambino, nel '98 avevo solo 4 anni, l'ho visto nel 2002. Poi tutta la sua parabola all'Inter, gli infortuni, poi l'ho visto nel 2002 e sono rimasto innamorato. Prima ero troppo piccolo, ma dopo quel Mondiale, per come ha lottato, per questo è il mio idolo.

L'avversario più difficile da marcare

E' stato Felipe Anderson, ho giocato insieme a lui al Santos. Conoscevo le sue qualità, mi sono preparato di più su di lui.

Sul derby d'andata di campionato.

Dopo il derby è aumentato tantissimo l'amore dei tifosi, si vede è che la partita più importante. Ero un po' nervoso e ansioso prima, poi quando è cominciato ho detto 'voglio divertimi e dare una gioia ai tifosi'. E' stata una partita indimenticabile.

Su Spalletti.

E' stato molto importante, ha capito quando era l'ora di farmi giocare titolare. Dopo il Porto mi ha lasciato in panchina per qualche partita, mi ha protetto perché non era il momento giusto. Lo ringrazio, se gioco con più tranquillità oggi e sto dimostrando le mie qualità è perché mi sta lasciando tranquillo.

La difesa a 3.

Chiede di aiutare di più in attacco, ricevere il pallone più avanti ma è sempre la stessa cosa, dobbiamo tornare indietro per formare la linea difensiva. Quando siamo a 3 devo aiutare in attacco.

Il futuro.

L'obiettivo è lavorare, giocare sempre meglio e conquistare titoli con la Roma.