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Di Francesco: “Noi allenatori dobbiamo trasmettere valori e idee. Mi ispiro a Guardiola”

Intervista doppia con il tecnico della Roma e Jim Harabaugh, coach dei Michigan Wolverines. Il giallorosso: "Prima guardiamo le qualità tecnico-tattiche e fisiche di un calciatore, ma poi quello che mi interessa tanto è la persona"

Redazione

In questi primi giorni di tournée americana, la Roma si è allenata sui campi dell'Eastern Michigan University, sede della squadra di football americano dei Michigan Wolverines. Lunedì scorso l'incontro tra una delegazione giallorosso e una del team allenato da Jim Harbaugh. Sia lui che mister Eusebio Di Francesco hanno rilasciato una lunga intervista ad asroma.com per parlare del mestiere di allenatore. Ecco le risposte dei due tecnici:

È più difficile catturare l’attenzione dei giocatori giovani ai giorni nostri, con la costante distrazione dei social media?

Di Francesco: “Dobbiamo esser bravi a proporre loro qualcosa di interessante rispettando anche le loro abitudini. È cambiato il mondo, ci sono i social ed è giusto che anche noi ci adeguiamo”.

Habaugh: “Non credo che i social media abbiano alcun legame con questo aspetto. Io ho grandi aspettative. Mi prefisso degli obiettivi talmente impegnativi, che molta gente li ritiene impossibili da raggiungere. Credo che se nessuno ritiene i tuoi obiettivi difficili da raggiungere, vuol dire che l’asticella che hai posto è troppo bassa. Devi fornire ai ragazzi i mezzi adatti per avere successo, perché se lasci tutto a loro, senza spronarli o disciplinarli, è facile che si arrendano”.

Gli allenatori devono adattarsi o cambiare i loro metodi di lavoro più spesso rispetto al passato?

Di Francesco: “Sì, ed è giusto che sia così, noi dobbiamo essere più bravi a interpretare ogni tipo di situazione, cercando di stimolare i ragazzi e tutti gli atleti in generale a nuove soluzioni”.

Sei interessato alle tecniche di allenamento che hanno i tuoi colleghi in altri sport?

Di Francesco: “In particolar modo sulla gestione del gruppo mi piace vedere come lavorano in tanti, ma credo che siano spesso più abilità individuali degli allenatori rispetto a quelle degli sport specifici in cui operano. Se parliamo di cultura, invece, come nel caso del rubgy, credo ci sia tanto da imparare dagli altri sport”.

Habaugh: “Sono sempre in cerca di spunti interessanti. Mio cognato è un allenatore di baseball, anche mio fratello John è un coach di football americano e spesso parlo con loro per imparare qualcosa di nuovo. Se ci sono allenatori che conosco, prendo il telefono per chiedere se hanno delle tecniche all'avanguardia che mettono in pratica, oppure se ci sono allenatori che non conosco provo a fare delle ricerche per imparare la loro via per il successo”.

Qual è l’aspetto che ti piace di più del tuo lavoro?

Di Francesco: “Il poter trasmettere un’idea, oltre ai valori della vita”.

Habaugh: “Capita a volte che un atleta non riesca a mettere in pratica gli insegnamenti. Poi, all’improvviso, cambia tutto e trova la strada giusta. In quel momento si gira verso di te, magari può essere passato un giorno o un anno, ma quando ti guarda e riesci a vedere nei suoi occhi tutta la sua soddisfazione. Quello è l'istante in cui penso "ecco l'aspetto più bello del mio mestiere".

Qual è, invece, l’aspetto più difficile del tuo lavoro?

Di Francesco: “Quello che ho detto prima, dover trasmettere determinati valori: sono ragazzi che si allontanano dalle famiglie e dalla vita di tutti i giorni, dobbiamo guidarli e aiutarli".

Harbaugh: “Nel mio lavoro, quando hai a che fare con 120-130 atleti, più 20 o 30 membri dello staff, incluse le famiglie e le relative fidanzate o amici, so che tra le 7 del mattino e le 7 di sera potrebbe piombare sulla nostra testa qualsiasi tipo di imprevisto. Devi essere bravo a prevenire i problemi e devi prendere una decisone su due piedi chiedendoti: cosa è meglio per i ragazzi? Qual è la cosa migliore per il singolo? Cosa ci aiuterebbe a vincere?”.

Quale allenatore in attività, di qualsiasi sport, ammiri in particolare?

Di Francesco: “Mi interessano alcuni atteggiamenti di tanti colleghi in attività. Non ho conosciuto personalmente determinati allenatori che ora potrei citare, però posso dire che mi piace tantissimo il modo che ha di porsi Guardiola”.

Harbaugh: “Essere un allenatore è un grande onore. Spero che ogni coach abbia l’obiettivo di far crescere i giocatori. Se non fosse così o se un allenatore non prendesse le sue decisioni per il bene dei giocatori della squadra, non vorrei mai essere associato con loro”.

Quanto è importante il team building per generare un ambiente vincente?

Di Francesco: “È fondamentale, cooperare aiuta a far crescere il collettivo in generale”.

Harbaugh: "Credo ci sia una citazione attribuita a Napoleone Bonaparte, che recita così: "La forza morale più dell'entità numerica decide la vittoria".

È importante che i calciatori vadano d’accordo per riuscire ad affermarsi sul campo?

Di Francesco: “Aiuta, perché il calcio è una voce unica. Creare rapporti che non siano solo lavorativi è fondamentale. Ritengo che conoscersi al di fuori del proprio contesto, non solo nel calcio ma in qualsiasi lavoro, sia importante per approfondire le sfaccettature caratteriali di ogni persona”.

Habaugh: “Non devono essere necessariamente amici, ma la fiducia secondo me è alla base di ogni rapporto. Per avere successo, ognuno deve fidarsi dell’altro. Quando c’è qualcuno che pensa solo a se stesso danneggiando un membro del gruppo, non è più considerato un compagno di squadra: per lui è arrivato il momento di andarsene”.

È difficile allenare una squadra composta da calciatori di differenti generazioni?

Di Francesco: “Inizialmente sì, l’importante è cercare di trovare il sistema e il modo giusto per farli coesistere. Quello che sposta tanto, spesso, sono le culture e le religioni e in questo noi dobbiamo essere preparati”.

Harbaugh:“Nella mia vita ho trovato davvero interessante avere una vasta gamma di amicizie di tutte le generazioni, puoi avere un migliore amico che ha anche 80 anni e uno che ne ha 18. Vedono le cose da un’ottica diversa rispetto alla tua e puoi davvero imparare tanto da persone così”.

Quanto tempo libero ti prendi durante l’anno?

Di Francesco: “I miei 15 giorni di vacanza sono fondamentali, più per l’aspetto fisico che per quello psicologico”.

Harbaugh: “Non saprei come rispondere. Mia moglie una volta mi ha preso in giro, dicendomi che forse ricevo abbastanza soldi da dover lavorare ogni minuto della giornata: dice che sogno il football anche quando dormo”.

Quando sei interessato a un calciatore da acquistare, a prescindere dal suo ruolo, qual è il primo aspetto su cui ti focalizzi?

Di Francesco: “Inizialmente prima di individuarlo guardiamo le qualità tecnico-tattiche e fisiche, ma poi quello che a me interessa tanto è la persona, l’uomo può fare la differenza a prescindere dalle qualità”.

Harbaugh: “Devono avere una forza mentale e devono amare quello che fanno. Che stiano giocando a rugby, a calcio, a football o a basketball, devono amare il loro lavoro tanto da metterlo in pratica ogni giorno”.