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Dallo Slavia al Lione: notti magiche inseguendo un gol che non basta mai

La speranza e la voglia di credere nella rimonta, poi la solita doccia gelida che ricorda la storia giallorossa

Francesco Balzani

Vavra, Diakhaby, Silenzi, Schulz, Josè Mari e Stepanovsky . Nessuno di loro ha mai nemmeno sfiorato la lista del Pallone d’Oro, nessuno di loro spera di essere ricordato tra vent’anni. Anzi no, scusate. A Roma qualcuno li ricorderà per sempre. Sono i Freddy Krueger, i Babadook. Per dirla all’italiana: gli uomini neri che hanno rovinato i sogni dei tifosi giallorossi nelle notte magiche. Quelle, come cantavano Bennato e la Nannini, che si vivono “inseguendo un gol”. Quelle notti con l’Olimpico pieno, con la voglia di esultare ma la consapevolezza che sarà effimero, con lo spirito di chi festeggia un funerale un po’ come avviene in America.

Perché è giusto godersi il sogno, finché qualcuno non ti sveglia. Perché è giusto essere ottimisti, e regalare a chi ti sta vicino quel Daje Roma Daje in cui in fondo è racchiuso l’essere romano: da Ponte Milvio a Trastevere, dai bar di Primavalle ai muretti di Tor Bella Monaca, dai locali cool dell’Eur al mercato rionale di Testaccio. “Stasera je la famo, si je la famo”. E te ne convinci, lo ripeti come un mantra. “Je la famo, perché non dovrebbe essere così?”. E così si insegue quel maledetto gol, e magari arriva pure: Giannini, Moriero, Voeller, Delvecchio, Totti e per ultimo Strootman. Peccato che non basti. Quel gol, infatti, è bastato davvero solo col Dundee nell’ormai lontanissimo 1984. Ci possiamo mettere la gara di ritorno col Partizan Belgrado nel 1988. Ma in fondo, anche in quelle occasioni, si è poi vinto qualcosa? In fondo il senso di essere romanisti sta davvero nella fase onirica, nell’attesa di essere svegliati.

E’ successo il 19 marzo del 1996 contro lo Slavia Praga, quando l’impresa in un Olimpico da 80 mila spettatori sembrava davvero vicina. Poi la doccia gelida di Vavra, se lo cercate su Internet vi compaiono due righe di presentazione e una carriera ridicola. Un carneade, un incubo di una notte. Le idi di marzo, i giorni in cui Roma morì con Giulio Cesare 2060 anni fa, si sono ripetute ieri col ventenne non troppo conosciuto Dhiakibè più bravo a infrangere sogni di testa che a difendere la propria porta. Sempre marzo, il 16 del 1999 quando è la meteora milanista Josè Mari che aiuta Roberto nell’1-2 dell’Atletico Madrid contro la Roma di Zeman. Mettiamoci Roma-Arsenal e Roma-Liverpool. Mettiamoci Roma-Dortmund, Roma-Monaco, Roma-Inter in finale di coppa Uefa, Anche se la rimonta fallita più frustrante resta quella del 1993: 5-2 al Torino di Silenzi dopo lo 0-3 dell’andata in finale di coppa Italia. Piangemmo anche allora. Applausi misti a lacrime, speranze. “Je la potevamo fa”. E intanto resta una bacheca vuota. E’ bello essere romanisti, ma in fondo non vorreste cambiare un po’ anche voi?